lunedì 24 novembre 2014

Il cambiamento climatico sulle Alpi

Il problema dei cambiamenti cliamtici è stato il tema centrale dei lavori della XIII Conferenza delle Alpi che ha riunito venerdì a Torino i ministri dell'Ambiente degli otto paesi europei dell'arco alpino.
Sulle Alpi infatti l'aumento di temperatura accertato è di circa 1,5 centigradi: il doppio del riscaldamento medio globale.
Il cambiamento climatico in quest'area ha effetti piuttosto evidenti e ripercussioni su molti aspetti: il ritiro dei ghiacciai e la diminuzione delle nevicate a bassa quota modificano la geografia del turismo invernale, l'aumento delle inondazioni e delle frane pone un problema di sicurezza che si estende fino alle pianure, la modifica alle linea degli alberi e delle coperture nevose ha conseguenze drammatiche sulla flora e sulla fauna alpine. Questi temi, uniti a quello della gestione delle risorse idriche poiché le Alpi sono il più importante serbatoio d'acqua d'Europa.
Sulle Alpi vivono solo 14 milioni di persone, ma 120 milioni vi si recano per turismo e 50 milioni ne dipendono per l'approvvigionamento idrico. Preservare queste montagne ed evitare che si spopolino creando gravi rischi per l'assetto idrogeologico del territorio - sostiene il segretario generale della Conferenza delle Alpi Markus Reiterer - devono essere obiettivi fondamentali per i governi di tutti i paesi alpini.

sabato 22 novembre 2014

Appello Interpol per 9 criminali ambientali. Uno è italiano.

L'Interpol ha lanciato un appello  per la cattura di 9 pericolosi latitanti accusati di crimini ambientali. L'appello segue l'avvio, ad ottobre, dell'Operazione-Infra, che punta a localizzare 139 ricercati in 36 paesi per reati che includono bracconaggio e la pesca illegale, il commercio di avorio e animali vivi, sversamento di rifiuti, deforestazione illegale.
E' la prima operazione Interpol che ricerca latitanti accusati di crimini contro l'ambiente.
I 9 "most wanted" sono accusati di crimini ambientali costati centinaia di milioni di dollari. Tra i latitanti spicca il nome di Ahmed Kamran, accusato di aver contrabbandato oltre cento animali vivi, tra cui giraffe, uccelli e impala (un tipo di antilope africana), dalla Tanzania al Qatar con un aereo militare. Tra i criminali anche l'italiano Adriano Giacobone, ricercato per trasporto e smaltimento di rifiuti tossici, avvelenamento dei fiumi ed altri reati.
"Crediamo - ha commentato Stefano Carvelli, capo dell'unità investigativa dell'Interpol che dà la caccia ai latitanti - che la cattura di questi criminali contribuirà allo smantellamento dei gruppi internazionali che hanno trasformato lo sfruttamento dell'ambiente in un business". Secondo Carvelli questi reati sono solo la punta dell'iceberg dei crimini ambientali, che secondo un rapporto curato da Interpol e Unep potrebbero valere tra i 70 e i 213 miliardi di dollari ogni anno. L'Operazione Infra Terra arriva dopo il successo ottenuto da campagne simili realizzate in passato, tra cui Infra-Americas, Infra-SEA e l'operazione a livello globale Infra-Red nel 2010 e 2012, che fino ad oggi hanno portato a circa 600 arresti.

giovedì 20 novembre 2014

Da CDP 3,6 milioni di euro per il fotovoltaico all'Univeristà di Urbino

Dal 2011 l’Università di Urbino ha installato sui propri terreni un campo fotovoltaico con una potenza di 907 kilowatt. La realizzazione dell’opera è stata possibile grazie ad un finanziamento di Cassa depositi e prestiti di 3,6 milioni di euro.
L’impianto è composto da 3.492 moduli fotovoltaici, ciascuno con una potenza di 260W, e produce mediamente 1.200.000 kWh per anno. Un quantitativo in grado di soddisfare il fabbisogno energetico di 300 abitazioni. Un'ottima notizia per l’ambiente, visto che per produrre la stessa energia sarebbe stato necessario bruciare circa 260 tonnellate equivalenti di petrolio, immettendo in atmosfera circa 600 tonnellate di Co2.
Sessanta moduli solari sono a disposizione degli studenti della Facoltà di Scienza e tecnologia dell’università per fare didattica e ricerca. L’energia prodotta è utilizzata per il fabbisogno energetico dell’Ateneo, il resto è immesso in rete. Secondo le previsioni l’impianto dovrebbe ripagarsi completamente entro il 2018.

martedì 18 novembre 2014

Oltre 22mila le specie a rischio

Il pesce palla cinese
Sono più di 22mila le specie che nel mondo sono a rischio di estinzione, e la principale causa è il consumo di risorse naturali da parte dell'uomo con la pesca, i disboscamenti, le estrazioni minerarie e l'agricoltura. A lanciare l'allarme è l'Unione mondiale per la conservazione della natura (Iucn), che ha appena aggiornato la sua lista rossa delle specie a rischio.

Il tonno rosso del Pacifico
Nella lista, che quest'anno festeggia il suo cinquantesimo anniversario, entrano animali come il pesce palla cinese, il tonno rosso del Pacifico, l'anguilla americana e il cobra cinese. Per una lumaca della Malesia e un insetto dell'isola di Sant'Elena si certifica invece l'estinzione. Per il tonno rosso del Pacifico, ora classificato come 'vulnerabile', occorrono regole sulla pesca volte innanzitutto a evitare la cattura di esemplari giovani, spiegano gli esperti. Ancora più a rischio per la crescente domanda del mercato è il pesce palla cinese, che è tra le quattro specie di pesce palla più usate in Giappone per il sashimi: negli ultimi 40 anni ha subito un declino del 99,99%, e ora versa in uno stato 'critico'. Anche il cobra cinese è sotto pressione: la sua popolazione è diminuita dal 30 al 50% in 20 anni, con massicce esportazioni dalla Cina al mercato alimentare di Hong Kong.

Il Plectostoma sciaphilum
Risultano estinte la forbicina gigante, un dermattero esclusivo dell'isola atlantica di Sant'Elena, e il Plectostoma sciaphilum, una lumaca presente su una sola collina calcarea della Malesia, collina ora interamente distrutta dalle cave. Nella lista compaiono 76.199 specie, di cui 22.413 a rischio. ''Ogni aggiornamento della lista rossa ci fa realizzare che il nostro Pianeta sta costantemente perdendo la sua incredibile biodiversità, in gran parte a causa delle nostre azioni distruttive volte a soddisfare un crescente 'appetito' di risorse'', afferma Julia Marton-Lefèvre, direttore generale dello Iucn. ''Tuttavia abbiamo evidenze scientifiche che le aree protette possono invertire questo trend. Le specie minacciate che sono poco rappresentate nelle aree protette, infatti, subiscono un declino due volte più veloce rispetto a quelle più presenti nelle zone tutelate''.
(da Ansa)