venerdì 10 aprile 2009

Forti rincari del petrolio, in salita riso e zucchero

Il piano di stimolo dell'economia lanciato dal Giappone, più ricco del previsto, e la buona performance delle Borse hanno generato fiducia sui mercati delle materie prime, alla vigilia della chiusura festiva per il Venerdì santo. L'effetto rialzista si è visto soprattutto sul petrolio, che in una sola seduta ha recuperato quasi il 6% (il Wti ha concluso a 52,24 $/barile), e sui metalli non ferrosi, tutti in forte progresso al London Metal Exchange. Il balzo più consistente l'ha fatto il piombo, che salendo del 5,2% si è portato ai massimi da ottobre. Record da 5 mesi anche per il rame, in rialzo di oltre il 3% anche grazie al nuovo calo di scorte. Hanno finito la seduta in terreno positivo anche la maggior parte delle commodities agricole. I rialzi sono stati moderati (inferiori all'1%) per caffè e cacao, mentre lo zucchero (grezzo e raffinato) ha guadagnato oltre il 2%. Al Cbot spicca il +3,9% del riso grezzo, spinto dalla previsione dell'Usda di consumi record negli Stati Uniti. I semi di soia, poco variati, si confermano ai massimi da 2 mesi, mentre frumento e mais hanno ceduto quasi il 2%. (da Il Sole 24 Ore)

Metti l'alga nel serbatoio

Un pieno di alghe. Potrebbe essere questa, tra poco, la richiesta da rivolgere al benzinaio, che magari non si chiamerà neanche più così, e che invece di fare il pieno di gasolio riempirà il serbatoio con un carburante che deriva dalle alghe. Organismo di struttura semplice, unicellulare o pluricellulare, che produce ossigeno ed era già presente in natura oltre un miliardo e mezzo di anni fa, se capita tra i piedi d'estate, l'alga fa solo ribrezzo. E invece è in grado di fornire una biomassa che non ha bisogno di terre arabili per essere prodotta, come accade invece per il mais o la soia, accusate (anche dall'Ocse) di essere causa di deforestazione e fame quando utilizzate come biocarburanti. L'alga può essere coltivata al chiuso, in serre riscaldate, oppure all'aperto, in uno stagno o in acqua marina anche inquinata, perché si nutre dei contenuti delle acque reflue e di anidride carbonica. Si moltiplica velocemente, garantendo anche 50 raccolti all'anno e può produrre, per ettaro, 15 volte più biodiesel di altre coltivazioni (come l'olio di palma). Gli ostacoli alla sua produzione sono legati alla disponibilità commerciale e ai prezzi di mercato: la sfida più grande per la ricerca è fare in modo che il processo di decomposizione della biomassa avvenga in un tempo tale da permettere alla produzione di biocarburante da alga di essere economicamente competitiva oltre che sostenibile, il tutto a un costo inferiore ai 60 dollari al barile. Ad oggi, teoricamente, si stima una resa possibile tra i 1.000 e i 20 mila litri di biocarburante per ettaro, a seconda della specie di alga coltivata. Facendo due rapidi calcoli, visto che il potenziale di produzione dei soli Stati Uniti si aggira intorno ai 16 milioni ettari, gli Usa potrebbero produrre abbastanza alghe da sostituire completamente il petrolio come carburante e lasciare all'agricoltura 180 milioni di ettari di terreni agricoli per uso alimentare. Secondo l'European biodiesel board (Ebb), che pochi giorni fa ha tenuto a battesimo l'European algae biomass association, la nuova piattaforma europea per lo sviluppo dei biocarburanti e delle bioenergie, l'Italia è uno dei paesi in cui la sperimentazione sulle alghe ha raggiunto i livelli più avanzati. Il 24 marzo scorso, il porto di Venezia, ad esempio, ha annunciato il lancio della prima centrale ad alghe italiana, che sarà operativa nei prossimi due o tre anni. «L'idea di fondo è di produrre non solo biocarburanti, ma bioenergia. Questo significa coltivare le alghe all'interno di appositi bioreattori, poi bruciarle come biomassa e recuperare la CO2 emessa per nutrire le nuove alghe nei bioreattori». Che quello delle alghe sia un business ghiotto lo dimostrano diversi esperimenti condotti da grandi compagnie petrolifere, tra cui anche l'Eni. Solo qualche giorno fa l'amministratore delegato del Cane a sei zampe, Paolo Scaroni, ha spiegato che lo sfruttamento delle alghe è la strada giusta per i biocarburanti, perché garantisce energia pulita e riduzione di emissioni e dà risultati migliori della colza su cui stanno puntando forte Brasile, Stati Uniti e l'Estremo oriente. Ma l'ultima novità nel settore viene da Shell, che ha annunciato l'avvio dei lavori per costruire alle Hawaii la prima raffineria di alghe da combustibile. Ancora, l'americana Solazyme, specializzata in biologia sintetica, ha annunciato una partnership con Chevron per produrre e distribuire, entro i prossimi tre anni, biocarburante proveniente dalle alghe in grado di sostituire il diesel tradizionale. Non solo, ha anche ricevuto un finanziamento da 45 milioni di dollari per sviluppare il progetto e ha presentato la nuova Mercedes C320, alimentata proprio ad alghe.Sempre negli Stati Uniti, Boeing e Honeywell hanno creato Users Group, un consorzio che ha l'obiettivo di testare la produzione di biodiesel da alghe per i motori degli aerei. E un'altra americana, GreenFuel, ha annunciato di star avviando, in Spagna, un progetto di coltivazione in serra di 100 ettari di alghe. L'investimento previsto è di 92 milioni di dollari e la produzione stimata di 25 mila tonnellate di alghe da destinare al biodiesel. (da Milano Finanza)

giovedì 9 aprile 2009

Greggio, scorte ancora in salita

La cura Opec non basta, per ora, a riportare l'equilibrio nel mercato petrolifero. Le scorte continuano a crescere nonostante la chiusura dei rubinetti, a dimostrazione che la crisi morde sui consumi. I prezzi, saliti sull'entusiasmo delle borse fino a 54 $/ bbl, sono scesi ieri sotto i 50$ per poi salire in chiusura a 51,59 $ per il Brent scadenza maggio e a 49,38 per il Wti. I margini di lavorazione "soffrono" e spesso mostrano il segno negativo per i raffinatori europei; perdono terreno i ricavi del gasolio, dove si sente anche la competizione del mercato orientale (l'indiana Reliance vende gasolio in Mediterraneo) e dell'olio combustibile (per i ridotti consumi di bunker).Dai dati del Dipartimento Usa dell'Energia si conferma che le raffinerie americane procedono all'82% della capacità. Negli Stati Uniti crescono le scorte di greggio (+1,6 milioni di barili, ai massimi degli ultimi 16 anni) e di benzina (+0,6) e scendono i distillati (-3,4). Ai minimi invece l'appetito dei raffinatori, con conseguente forte flessione dei differenziali e discesa record dei noli delle petroliere.....Visto che si parla di nuove regole della finanza, sarebbe il momento giusto per restringere la platea degli investitori petroliferi e per evitare che il future sia solo un veicolo per aumentare il costo dell'energia in un momento così drammatico per l'economia mondiale. Ad esempio si potrebbe imporre che per i futures petroliferi sia ben presente e accessibile l'opzione di consegna fisica del greggio. (da Il Sole 24 Ore)

Nuova zampata in Russia dell'Eni

(da "Il Mattino") Nuova zampata in Russia dell'Eni, che ieri (7 aprile) a Mosca ha siglato una serie di accordi con le principali società energetiche del Paese per collaborazioni anche all'estero e ha incassato un assegno da 4,2 miliardi di dollari (3,2 miliardi di euro) da Gazprom: il colosso russo del gas ha infatti esercitato alla fine dei due anni previsti la call option su Gazprom Neft, uno degli asset ex Yukos acquistati all'asta nell'aprile 2007. Le intese sono state firmate nell'ambito del forum italo-russo, che vede la più grande missione di sistema mai organizzata dall'Italia in Russia, con oltre mille imprenditori guidati dalla presidente di Confindustria Emma Marcegaglia: 40 di loro, il gotha dell'industria italiana, da Eni a Enel a Finmeccanica, sono stati ricevuti dal presidente Dmitri Medvedev al Cremlino. Negli ultimi tempi sembrava che Gazprom potesse rinunciare a Gazprom Neft, anche a causa della crisi mondiale e dei conseguenti problemi di liquidità, per di più in un momento svantaggioso essendo le azioni cadute ben sotto il prezzo dell'opzione. Ma, secondo fonti di stampa russe, il premier Vladimir Putin sarebbe intervenuto per realizzare l'operazione, che sarà finanziata attraverso prestiti da parte di banche statali. Eni ha inoltre firmato una serie di accordi di collaborazione in Russia e all'estero con le principali società energetiche russe (Inter Rao Ues, Rosneft, Transneft e Stroitransgas) con le quali avvierà un ampio programma di cooperazione strategica in vari ambiti. In particolare, Eni ha siglato con Rosneft un protocollo di collaborazione nei settori upstream e della raffinazione, anche in Paesi stranieri. Questi accordi, hanno sottolineato Putin e Scaroni, consolideranno ulteriormente le relazioni tra i due Paesi e rafforzeranno significativamente la sicurezza degli approvvigionamenti di gas in Italia e in Europa. «Continuiamo a essere il loro partner favorito», ha aggiunto l'amministratore delegato di Eni. Ma alcune delle operazioni ventilate nei giorni scorsi sono state rinviate a fine aprile, per definire meglio i negoziati e suggellarli con un bilaterale tra il premier italiano Silvio Berlusconi e il suo collega Putin. Si tratta del potenziamento del gasdotto South Stream e dell'acquisto da parte di Gazprom, tramite un'altra call option, del 51% di Severenergia, il consorzio di Eni ed Enel che detiene gli asset ex Yukos e nel quale le due società italiane dimezzerebbero le quote, passando rispettivamente al 30% e al 20%. «Firmeremo entro aprile. L'occasione sarà la prossima bilaterale dei presidenti del Consiglio italiano e russo», ha assicurato l'amministratore delegato dell’Enel Fulvio Conti. Anche l'ad di Eni Scaroni ha rinviato alla stessa bilaterale l'accordo sul rafforzamento della capacità del South Stream, che richiede la garanzia di una maggiore offerta di gas russo, come ha sottolineato il ministro dello Sviluppo economico Claudio Scajola. «Abbiamo firmato le questioni di carattere più commerciale; quelle di rilevanza più strategica ci è sembrato più opportuno siano trattate in un incontro fra Berlusconi e Putin», ha spiegato Scaroni. Il mosaico energetico è ampio e ci sono altre tessere da sistemare, come l'ingresso di Gazprom nella società che gestirà il giacimento di petrolio libico Elephant, dove Eni ha una partecipazione rilevante.

mercoledì 8 aprile 2009

E il petrolio viaggia con il made in Italy

È una scommessa iniziata nel 2005. Un progetto ambizioso: fare concorrenza ai russi a casa loro trasportando prodotti petroliferi sul Volga, Don fino al Mar Caspio e Mar Nero. Quattro anni dopo, Federica Barbaro, amministratore delegato del gruppo armatoriale Barbaro, può dichiarare vinta la scommessa: il gruppo siciliano ha conquistato la seconda posizione per quote di mercato in Russia e, con 30 dipendenti e 150 marittimi, la base operativa di Samara rappresenta uno dei principali investimenti italiani nelle ex Repubbliche sovietiche. In Russia serve il colosso Tnk-Bp, ma ha clienti in Turkmenistan, Ucraina, Kazakhstan, fino all’Iran. «Abbiamo investito 150 milioni di dollari nel progetto. Abbiamo 4 navi in costruzione in Russia, 4 in Cina e 2 in Corea — racconta la Barbaro, ottava generazione di armatori e dal 2001 amministratore delegato del gruppo di famiglia —. Si tratta di chiatte fluviali, rimorchiatori e navi fluvio-marittime per trasporto di prodotti petroliferi e olii vegetali 'classe ghiaccio'». A Mosca, nel corso della missione Italia-Russia, la Barbaro ha annunciato un nuovo investimento da 80 milioni di euro, finanziato da Intesa Sanpaolo, e la firma di due ordini per nuovi rimorchiatori. «Si tratta di una nicchia di business — precisa l’amministratore delegato del gruppo, a cui fa capo una flotta di 30 navi, e 160 milioni di dollari di fatturato l’anno —.Ma in tempi di crisi garantisce buoni margini e in cui continuiamo a investire. Oggi realizziamo qui il 20% del fatturato ma contiamo di portare la quo ta al 35%». ( da Il Corriere della Sera)

ENI E GAZPROM, ACCORDO DA 4,2 MILIARDI

Eni e Gazprom hanno firmato oggi a Mosca un accordo per la cessione del 20% di Gazpromneft da Eni a Gazprom. Ad annunciarlo e' stato l'ad di Eni, Paolo Scaroni, che ha precisato: "Gazprom ha esercitato l'opzione e ci paghera' 4,2 miliardi di dollari che e' esattamente il prezzo da noi pagato piu' gli interessi". Il top manager ha aggiunto che oggi sono stati firmati "gli accordi piu' commerciali, quelli piu' strategici saranno siglati tra due-tre settimane". Si tratta di "importanti accordi che rappresentano un ulteriore passo in avanti della cooperazione strategica in campo energetico tra Italia e Federazione Russa", spiega la nota, precisando che in particolare "le parti svilupperanno progetti congiunti in Russia e fuori dalla Russia, sulla base del principio di reciprocita', in linea con la nuova politica energetica russa". Piu' nel dettaglio, "Eni inoltre ha firmato sotto il patrocinio del governo russo una serie di accordi di collaborazione in Russia e all'estero con le principali societa' energetiche russe (Inter Rao UES, Rosneft, Transneft e Stroytransgas) con le quali avviera' un ampio programma di cooperazione strategica che riguardera' vari ambiti del settore energetico". In particolare, Enipower e Inter Rao UES hanno firmato un accordo per analizzare progetti congiunti in Russia e paesi terzi. Eni ha inoltre firmato con Rosneft un protocollo di collaborazione nei settori upstream e della raffinazione, sempre in Russia e all'estero. Questi accordi, si legge sempre nella nota, "consolideranno ulteriormente le relazioni tra i due Paesi e rafforzeranno significativamente lasicurezza degli approvvigionamenti di gas in Italia e in Europa". Scaroni, nel corso dellaconferenza stampa nell'ambito del vertice Italia-Russia, ha precisato che oggi sono stati firmati "gli accordi piu' commerciali, quelli piu' strategici saranno siglati tra due-tre settimane quando ci sara' incontro tra Berlusconi e Putin". L'ad di Eni ha aggiunto che il Cane a sei zampe ha iniziato ad ampliare i rapporti con le altre aziende del settore energetico russo. Secondo Scaroni i memorandum sottoscritti dall'azienda eneregtica italiana "prevedono la possibilita' di collaborazione in Russia e fuori della Russia". Marco Alvera',responsabile per la Russia della divisione E&p di Eni, intervendo all'incontro con i giornalisti ha affermato che con Rosneft, l'equivalente di Gazprom nel petrolio, vi sono accordi per "cooperazione nei settori upstream e downstream". Il memorandum con Trasnfet riguarda la "creazione di gruppi di lavoro per possibilita' di collaborazione tra le due aziende". Per il settore elettrico due memorandum con InterRao danno il via a gruppi di lavoro su comuni in Russia e paesi terzi. (Agi)

martedì 7 aprile 2009

La denuncia delle imprese: la bolletta elettrica non cala

Ancora in caduta i consumi elettrici: Terna ha rilevato che in marzo la domanda è scesa del 7% (-8% in febbraio). Non scendono invece i prezzi della corrente industriale: moltissime imprese sono vincolate a contratti a lungo termine e a tariffa bloccata, stipulati quando il petrolio era al massimo. I prezzi industriali secondo l'Istat sono invece scesi dello 0,6% mensile e del 2,8% rispetto a febbraio 2008. (Da Il Sole 24 Ore)

Gazprom: «Gas, il patto tra Ue e Kiev è un errore»

L'idea di un consorzio di compagnie energetiche occidentali coinvolte nel transito del gas russo attraverso l'Ucraina, emersa nei giorni della crisi di gennaio, torna alla ribalta. Ne aveva parlato nei giorni scorsi Paolo Scaroni, amministratore delegato dell'Eni. Ieri Gazprom, infuriata all'idea che Ucraina e Unione Europea abbiano firmato un'intesa per rinnovare il sistema di trasporto senza consultarsi con chi il gas lo fornisce, ha annunciato la costituzione di un gruppo di lavoro con i maggiori clienti europei per analizzare periodicamente i «rischi crescenti» del passaggio attraverso il territorio ucraino. L'amministratore delegato Aleksej Miller ha spiegato di avere l'appoggio dei dirigenti di Eni, Gaz de France e E.On, incontrati a Mosca giovedì. «Firmare una dichiarazione dietro le spalle della Russia è stato un errore politico- ha detto loro Miller- e realizzarla senza la partecipazione di un fornitore (e dei principali attori del mercato europeo) è impossibile ». E ieri l'ira del primo ministro Vladimir Putin si è rivolta anche contro l'Unione Europea: ha minacciato di «diversificare » le proprie forniture di gas rivolgendosi all'Asia. (Da Il sole 24 Ore)

domenica 5 aprile 2009

Le riserve di petrolio hanno registrato un aumento di 2,8 milioni di barili

L'ultima settimana di contrattazioni ha avuto un andamento piuttosto contrastato, con l'E-Mini Crude Oil future che ha sostanzialmente seguito l'andamento dei listini azionari, pagando una violenta correzione iniziale, per poi trovare un importante riscatto nella seconda parte dell'ottava. Le rinnovate preoccupazioni sulla solidità delle principali economie mondiali e i conseguenti effetti di una recessione, che non potrà essere smaltita in tempi brevi e che imporrà quindi una duratura contrazione della domanda, si sono tradotte nella violenta caduta di lunedì 30 marzo, quando il derivato ha ceduto la soglia psicologica a 50 dollari, lasciando sul terreno oltre l'8%. Il timido rimbalzo della giornata successiva si è poi arrestato proprio a quota 50, mentre mercoledì è arrivata una nuova spinta ribassista dai dati sulle scorte Usa, che hanno imposto un'ulteriore correzione fino a 47,25 dollari (minimo settimanale). Secondo quanto riportato dal dipartimento dell'energia degli Stati Uniti, le riserve di greggio hanno infatti registrato un aumento di 2,8 milioni di barili, decisamente superiore alle attese. In rialzo anche le scorte di benzina (+2,2 milioni) e di distillati (+0,3 milioni). A pesare sul prezzo del greggio sono state anche le sorprendenti dichiarazioni di Abdullah al-Attiyah, ministro dell'Energia del Qatar, secondo cui l'attuale quotazione attorno ai 50 dollari sarebbe «ragionevole»: dopo aver più volte auspicato un ritorno verso quota 70, sembrano quindi arrivare nuovi segnali distensivi da parte dell'Opec, che aveva già chiuso la sua ultima riunione sconfessando le previsioni di un nuovo taglio della produzione.Nella seconda parte dell'ottava la dinamica dei prezzi ha peraltro registrato una secca inversione positiva, con il principale future quotato sul Nymex che si è rilanciato fino a ridosso di quota 54, cavalcando la reazione euforica dei mercati azionari alle decisioni prese nel corso del G20 di Londra: gli ingenti fondi stanziati per il rilancio dell'economia potrebbero infatti favorire anche una ripresa della domanda di materie prime. Graficamente, il recupero di 50 dollari ha ripristinato un quadro tecnico sostanzialmente analogo a quello della settimana precedente, con il derivato che potrà provare ad allungare verso quota 56 prima ed eventualmente fino a ridosso di 60 dollari. Al ribasso, i minimi delle ultime sedute in area 47,50-47,25 potranno invece affiancarsi alla soglia psicologica dei 50 dollari, come base d'appoggio di un'eventuale nuova correzione. (Da Milano Finanza)

Campagna di Russia per il Made in Italy

I fuochi artificiali si vedranno tra lunedì 6 e giovedì 9 aprile. Ma le polveri sono già state preparate. La missione italiana d’aprile in Russia, guidata dal ministero per lo Sviluppo economico assieme a Ice e Confindustria, porterà a Mosca, San Pietroburgo, Ekaterinburg, Krasnodar e Novosibirsk circa 500 aziende. Di queste, una trentina sono quotate a Piazza Affari. Si va dalla meccanica (Carraro, Biesse, Brembo, Prima Industrie) alle infrastrutture (Buzzi, Maire Tecnimont, Trevi, Telecom e Prysmian, che ha annunciato venerdì 3 aprile una commessa da 20 milioni a San Pietroburgo), dalle banche (Mps, Banco Popolare, Mediobanca, Intesa Sanpaolo, Unicredit) fino all’alimentare (Cremonini, La Doria). Si attendono annunci significativi: per esempio, si parla di un accordo in arrivo per Maire Tecnimont. Soprattutto, però, il viaggio a Mosca dovrebbe rivelarsi cruciale per le tre grandi partecipate del Tesoro: Finmeccanica (vedere articolo a pagina 21) e le «cugine» Eni ed Enel. Queste hanno un tavolo comune di negoziato con Gazprom. Dal quale potranno uscire indicazioni chiave sul futuro delle due società in terra di Russia e non solo. Al punto che l’ad di Eni, Paolo Scaroni, già giovedì 2 aprile era a Mosca per parlare con il presidente di Gazprom Alexey Miller. Per preparare le polveri, appunto. AFFARE GAZPROM. Il negoziato con il colosso russo del gas è determinante per Eni dal punto di vista finanziario. Gazprom ha in mano una call che risale a due anni fa (coincidenza, al 4 aprile 2007), quando l'Eni guidata da Paolo Scaroni ed Enel pagarono 5,8 miliardi di dollari per l’asta degli asset petroliferi della fallita Yukos. Nel pacchetto c’era anche il 20% della ex-Sibneft (oggi Gazpromneft) che la sola Eni si impegnò a rilevare in una sorta di portage per Gazprom. Cui, appunto, l’avrebbe rigirato due anni più tardi (dunque, oggi) per un valore di 3,7 miliardi oltre ai costi dell’operazione. Scaroni, nel corso della presentazione del bilancio a Londra a metà febbraio, aveva parlato di un valore di 4,3 miliardi di dollari, per un rendimento del 9% annuo. Un bel pacchetto di denaro, già previsto nei budget del Cane a sei zampe. Tanto che la prospettiva di una rinuncia (o un rinvio al 2012) dell’esercizio della call da parte dei russi aveva messo in allarme il listino sul rischio che Eni potesse trovarsi a corto di liquidità e dovesse in qualche modo ricorrere al mercato. Lo stesso Scaroni aveva parlato chiaro: «Se Gazprom non esercita l’opzione, Eni diventa d’emblée una società diversa, con un balzo immediato del 10% dell’output, ma con la necessità di rivedere il proprio piano strategico, a cominciare dalle acquisizioni». I presupposti per un dietrofront dei russi c’erano, alla luce della crisi finanziaria del Paese. Per giunta, oggi il 20% di Gazpromneft vale in Borsa circa 2 miliardi di dollari, dunque assai meno dello strike price della call. (Da Borsa & Finanza)

venerdì 3 aprile 2009

Energia da fonti rinnovabili: la spinta di Profumo e Scaroni

Alessandro Profumo e Paolo Scaroni danno una spinta all’energia solare. Enipower e UniCredit hanno allargato una precedente intesa per sostenere lo sviluppo delle fonti rinnovabili. Doppia la convenienza per le piccole imprese: economica e ambientale. Per questo, sottolineano i due protagonisti dell’accordo, l’intesa prosegue e cresce, offrendo alle aziende soluzioni integrate «chiavi in mano».Grazie alla partnership tra Enipower e UniCredit (avviata Paolo Scaroni, ad Eni nel 2007 e oggi estesa a Uni- Credit Banca, UniCredit Banca di Roma e Banco di Sicilia), le piccole imprese possono installare impianti fotovoltaici senza preoccuparsi di dover affrontare alcun anticipo in corso d’opera nei confronti di Enipower, la quale riceverà il pagamento dell’impianto soltanto a partire dalla stipula della convenzione con il Gse (Gestore servizi elettrici), fase che segue la messa in esercizio dell’impianto, consentendo così all’impresa di ottenere sin da subito risparmi sui consumi energetici e di beneficiare nel contempo dei contributi pubblici previsti dall’attuale normativa. L’offerta è relativa a impianti dai 10 ai 100 kilowatt.Enipower, in particolare, fornirà la progettazione, l’installazione e la posa in opera dell’impianto, assistendo le imprese anche nell’espletamento delle pratiche necessarie per ottenere i contributi pubblici. Parallelamente, Uni- Credit, con l’obiettivo di sostenere sotto il profilo finanziario le aziende che scelgono l’energia fotovoltaica, offrirà soluzioni finanziarie dedicate, che ampliano la durata dei finanziamenti e che consentono di coprire fino al 100% dell’investimento per la realizzazione dell’impianto, compresa la copertura assicurativa. (dal Corriere della Sera)
L'amministratore delegato di Eni, Paolo Scaroni, e il presidente di Gazprom, Alexey Miller, si sono incontrati ieri nella sede centrale del gruppo russo, a Mosca. Durante l'incontro le parti hanno discusso l'andamento dell'accordo strategico di cooperazione firmato nel novembre 2006 e la successiva implementazione dei progetti congiunti. In quest'ottica, Scaroni e Miller hanno fatto il punto sulla realizzazione della fase di pre-investimento relativa al progetto del gasdotto South Stream, data la rilevanza strategica dell'infrastruttura ai fini della sicurezza degli approvvigionamenti diretti di gas verso l'Europa. Nei giorni scorsi inoltre sono circolate le indiscrezioni sull'intenzione di Gazprom di esercitare l'opzione call sul 20% di Gazprom Neft e il 51% di Severenergia attualmente in mano all'Eni. Il valore degli asset, oggetto di negoziato tra le due società, è stimato in circa 5,5 miliardi di dollari. L'annuncio dell'accordo dovrebbe arrivare il 6-7 aprile in occasione della visita a Mosca del presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, e della missione di Confindustria. (Dal Sole 24 Ore)

giovedì 2 aprile 2009

L'Eni: via i limiti all'import di gas

Il gruppo Eni chiede al Parlamento di liberarlo dopo il 2010 dal vincolo di legge che limita la sua quota di import di gas sul totale italiano. Il tetto (in via di graduale abbassamento fino al minimo del 61% nel 2010) è stato disposto nel 2000 da un decreto Letta, assieme a un limite del 50% sulle vendite ai consumatori finali (anche questo progressivo) per sviluppare la concorrenza. Si discute se prorogarlo oltre il 2010. «Non capisco il senso di un rinnovo dei tetti antitrust» ha detto ieri l’amministratore delegato Paolo Scaroni alla commissione Industria del Senato. «L’Italia ha visto crescere più di qualsiasi altro Paese europeo gli operatori nel campo del gas. Noi come Eni siamo scesi al 64% di mercato, contro l’84% di Ruhrgas in Germania e l’89% di Gdf in Francia. Da nessuna parte in Europa si applicano limiti se non in Spagna ma in maniera meno stringente. L’idea di prolungare i tetti in Italia risponde a una logica del passato».Secondo Davide Tabarelli, presidente di Nomisma Energia, la liberalizzazione avviata nel 2000 ha avuto un successo solo parziale. «Un po’ di competizione l’ha portata - dice al telefono - ma i competitori sono stati deludenti quanto a concorrenza sui prezzi». Fra l’altro, il grande investitore nell’import resta soprattutto il «campione nazionale» Eni. Per Tabarelli bisogna valutare se sia prioritario, per il consumatore italiano, avere più investimenti e disponibilità di gas, oppure più operatori che comunque «non è che si facciano una gran concorrenza».Il presidente dell’Antitrust, Antonio Catricalà, ha detto mesi fa che il limite all’import potrà essere rivisto se i nuovi rigassificatori amplieranno l’offerta italiana di gas cambiando in maniera significativa la base di riferimento. Quanto al presidente dell’Authority dell’energia, Alessandro Ortis, di recente ha dichiarato che «il controllo che l’Eni esercita sulle infrastrutture d’importazione continua a porre forti condizionamenti sull’intera filiera del metano. Il quadro attuale non differisce in modo sostanziale da quello che ha originato la necessità di imporre il tetto all’import». (Da La Stampa)

Energia, Scaroni: per le aziende risparmi del 30%

Pronti a regalare ai cittadini e alle imprese italiane nuovi e sostanziosi sconti sull'energia, sfruttando ogni margine consentito dal calo delle quotazioni internazionali di petrolio e gas. Paolo Scaroni, numero uno dell'Eni, quantifica i ribassi dell'anno in corso addirittura nel 30% per il sistema delle imprese e in 1.200 euro l'anno in media per le famiglie: «più o meno l'equivalente di una quattordicesima ». Teatro degli annunci è la commissione Industria del Senato, in un'audizione sulla dinamica dei prezzi petroliferi. E il numero uno dell'Eni ne approfitta per ribadire tutta la sua contrarietà al progetto tanto caro all'Authority per l'energia, e sostenuto dalle principali associazioni dei consumatori, di prolungare i tetti antitrust imposti all'Eni fino al 2010 per l'importazione e la vendita di gas sul mercato italiano.Eni pronto a trasferire tutti i vantaggi della sua espansione internazionale ai nostri consumatori, insiste in sostanza Scaroni. Che chiede sostegno e non "penalizzazioni". Il prolungamento dei tetti antitrust è dunque «anacronistico, vista la situazione attuale ». Tanto più che la quota Eni sul mercato italiano del gas «è la più bassa rispetto agli altri competitor europei: in Italia è pari al 64% rispetto all'84% di Gaz de France». E intanto «i nostri prezzi del gas sono assolutamente allo stesso livello degli altri ». Guai dunque a introdurre vincoli «che gli altri non prevedono » e che sarebbero «in contraddizione con la sicurezza degli approvvigionamenti».L'audizione al Senato è servita anche a fare il punto sull'espansione internazionale del nostro gruppo energetico. Per i diritti di sfruttamento del giacimento irakeno di Nassirya «oggi o domani presenteremo l'offerta da soli» ha detto Scaroni, che però non esclude di coinvolgere successivamente altri operatori. La risposta dagli irakeni alle offerte? «Non prima di una ventina di giorni».Intanto si conferma un vero tormento la partecipazione Eni ai consorzi per lo sfruttamento delle risorse energetiche del Caspio. Nei ripetuti punzecchiamenti del governo kazako sugli aspetti economici di queste operazioni da registrare la pretesa, formalizzata ieri, di un rimborso fiscale da 66 milioni di dollari a carico della filiale locale dell'Agip.«Tutto nasce dalle modalità con le quali abbiamo pagato le tasse di importazione di due elicotteri al servizio delle nostre attività di estrazione. Ma chiariremo tutto » spiegano all'Eni. (Dal Sole 24 Ore)

mercoledì 1 aprile 2009

Bollette più leggere per elettricità e gas

Ancora in calo le bollette di elettricità e gas. Dopo le riduzioni di inizio anno, dal primo aprile l'Autorità per l'energia ha stabilito una nuova diminuzione delle condizioni economiche di riferimento: -2% per l'energia elettrica e -7,5% per il gas. (Da Il Tempo)

Eni, a San Donato via libera al nido aziendale

FIRMATA la convenzione per l'asilo aziendale. L'Eni di Paolo Scaroni e il Comune sono uniti nel megaprogetto che vedrà la realizzazione del nido insieme alla materna e al centro diagnostico. Il consiglio comunale, nonostante le polemiche divampate negli ultimi giorni, ha approvato l'accordo che porterà alla creazione di altri 120 posti per i figli dei dipendenti. «Il progetto - dichiara il sindaco Mario Dompè - sposa la nostra politica rivolta al sostegno delle famiglie. Allargheremo l'offerta dei servizi per l'infanzia presenti sul territorio comunale, alleggerendo il numero di richieste per le nostre strutture e integrandone la capacità d'accoglienza». Il progetto avrà ricadute positive anche sulla sanità cittadina. Le nuove strutture verranno ospitate nel complesso ambulatoriale di via Sanguinetti che verrà riqualificato e dotato delle migliori tecnologie. Questa operazione comporterà lo spostamento delle attività sanitarie dell'Eni e dell'Azienda ospedaliera di Melegnano in viale De Gasperi nel fabbricato ex Fisiochinesiterapia che sarà a sua volta oggetto di riqualificazione. L'offerta sarà ulteriormente rafforzata. Si arricchirà di un centro diagnostico all'avanguardia gestito dalla Fondazione San Raffaele. (DaL Giorno)