Il gruppo Eni chiede al Parlamento di liberarlo dopo il 2010 dal vincolo di legge che limita la sua quota di import di gas sul totale italiano. Il tetto (in via di graduale abbassamento fino al minimo del 61% nel 2010) è stato disposto nel 2000 da un decreto Letta, assieme a un limite del 50% sulle vendite ai consumatori finali (anche questo progressivo) per sviluppare la concorrenza. Si discute se prorogarlo oltre il 2010. «Non capisco il senso di un rinnovo dei tetti antitrust» ha detto ieri l’amministratore delegato Paolo Scaroni alla commissione Industria del Senato. «L’Italia ha visto crescere più di qualsiasi altro Paese europeo gli operatori nel campo del gas. Noi come Eni siamo scesi al 64% di mercato, contro l’84% di Ruhrgas in Germania e l’89% di Gdf in Francia. Da nessuna parte in Europa si applicano limiti se non in Spagna ma in maniera meno stringente. L’idea di prolungare i tetti in Italia risponde a una logica del passato».Secondo Davide Tabarelli, presidente di Nomisma Energia, la liberalizzazione avviata nel 2000 ha avuto un successo solo parziale. «Un po’ di competizione l’ha portata - dice al telefono - ma i competitori sono stati deludenti quanto a concorrenza sui prezzi». Fra l’altro, il grande investitore nell’import resta soprattutto il «campione nazionale» Eni. Per Tabarelli bisogna valutare se sia prioritario, per il consumatore italiano, avere più investimenti e disponibilità di gas, oppure più operatori che comunque «non è che si facciano una gran concorrenza».Il presidente dell’Antitrust, Antonio Catricalà, ha detto mesi fa che il limite all’import potrà essere rivisto se i nuovi rigassificatori amplieranno l’offerta italiana di gas cambiando in maniera significativa la base di riferimento. Quanto al presidente dell’Authority dell’energia, Alessandro Ortis, di recente ha dichiarato che «il controllo che l’Eni esercita sulle infrastrutture d’importazione continua a porre forti condizionamenti sull’intera filiera del metano. Il quadro attuale non differisce in modo sostanziale da quello che ha originato la necessità di imporre il tetto all’import».
(Da La Stampa)