martedì 30 settembre 2008

Ecuador, royalty più alte per petrolio e minerali

Dal Sole 24 Ore

È una vittoria schiacciante quella di Rafael Correa, presidente dell'Ecuador. Nel referendum di domenica il fronte del "sì" alla riforma costituzionale da lui proposta ha superato il 66%, quello del "no" è fermo al 28. Entro breve saranno effettuati alcuni cambiamenti importanti nella politica economica del Paese: più Stato nell'economia, più royalties pagate all'Ecuador dalle compagnie petrolifere internazionali che però non verranno nazionalizzate, programmi sociali per i meno abbienti.Correa si è presentato in tv alla Cnn con una giacca blu e una camicia bianca con motivi etnici che richiamano la simbologia india. Un look pensato che vuole lanciare un doppio messaggio: di volontà di inserimento nel contesto internazionale e di fedeltà ai valori di un Paese con alta percentuale di etnia indio. Con il sorriso radioso e l'aria sicura di chi sa di avere tutti i numeri dalla sua, ha dichiarato che «l'Ecuador ha deciso di essere un nuovo Paese, le vecchie strutture oligarchiche sono state sconfitte».Un referendum sulla riforma costituzionale in un piccolo Paese latinomericano martoriato da una crisi economica endemica, potrebbe passare quasi inosservato. Invece il voto di domenica ha una notevole importanza nazionale e regionale, sia per i contenuti della Carta, sia per gli equilibri politici nella regione; si rafforza infatti l'asse antiamericano costituita da Venezuela, Bolivia ed Ecuador.Correa, 45 anni, ha chiamato alle urne, per la quarta volta in tre anni, 9,7 milioni di ecuadoregni che hanno detto "sì" al cambiamento. Ora cosa succederà concretamente? Il testo proposto consente la rielezione del presidente in carica, prevede una maggior presenza dello Stato nell'economia, più royalties petrolifere agli ecuadoregni, nuovi diritti di cittadinanza a una popolazione afflitta dalla povertà. Inoltre la nuova Carta inserisce il concetto di plurinazionalità a lingue e minoranze indigene (quechua e shuar), e vieta l'installazione di basi militari straniere. Promuove nuovi princìpi di inclusione sociale.L'opposizione al presidente Correa, tutta schierata con il "no", e concentrata principalmente nella regione di Guayaquil, ricca e affacciata sul Pacifico, teme un'eccessiva concentrazione di potere nelle mani del presidente,una riforma del potere legislativo e giudiziario.Correa ieri ha comunque escluso la nazionalizzazione della produzione di idrocarburi, anche se ha ammesso che «attualmente quello che le compagnie straniere pagano non è adeguato alle nostre attese ». E poi ha precisato: «Abbiamo l'intenzione di garantire la libertà di impresa nel campo dell'estrazione e commercializzazione dei nostri idrocarburi ». Ha indicato che per quanto riguarda il settore minerario, l'attuale livello dell'8% per le royalties «è assolutamente troppo basso». Sui nuovi contratti, ha sottolineato, «sarà applicato un livello di royalties del 70 per cento».

Il 15 ottobre la decisione della Ue su Eni-Distrigas

Da Milano Finanza

È arrivata al rush finale l'acquisizione di Distrigas da parte di Eni. La società guidata da Paolo Scaroni aspetta solo il via libera dell'Antitrust europeo, che si esprimerà in merito il prossimo 15 ottobre, per concludere l'acquisto della società belga dell'energia. Per aggiudicarsi la quota del 52,25% di Distrigas dalla francese Suez, il gruppo italiano ha dovuto penare. Innanzitutto c'è stata la gara contro i colossi transalpini di Electricité de France (Edf) e i tedeschi di E.On. Quando poi Eni si era aggiudicata il diritto di trattare in esclusiva con Suez, è arrivata la protesta di Edf che ha parlato apertamente di gara truccata perché le autorità belghe non avrebbero gradito una vittoria del colosso energetico pubblico francese. La vendita di Distrigas rientra nel progetto di fusione tra Suez e Gaz de France che, altrimenti, avrebbero acquisito una posizione dominante sul mercato dell'energia europeo.

lunedì 29 settembre 2008

All'Italia serve un tris di fonti di nuova energia

Intervento su Milano Finzanza del ministro dell'Economia Giulio Tremonti

La crescita della domanda mondiale di energia e la necessità di ridurre le emissioni di gas a effetto serra ci pongono davanti a sfide impegnative, che dobbiamo superare se vogliamo salvaguardare la crescita e lo sviluppo economico del paese.
I prezzi delle materie prime energetiche permangono elevati e questa negativa circostanza penalizza il nostro paese in misura superiore rispetto ai principali concorrenti stranieri.
I nostri approvvigionamenti energetici dipendono troppo dall'estero: nel 2007 l'importazione di energia ha coperto circa l'85% del nostro fabbisogno, rispetto al 50% circa della media dell'Europa a 27.
Il nostro mix di generazione elettrica è caratterizzato dalla totale assenza del nucleare, dal modesto ricorso al carbone, dall'impiego sbilanciato di gas e da una quota di rinnovabili ancora insufficiente.
Negli altri paesi europei il mix è radicalmente diverso: carbone, nucleare e rinnovabili costituiscono le fonti prevalenti di generazione, con evidenti vantaggi in termini di sicurezza degli approvvigionamenti, indipendenza dall'estero, tutela dell'ambiente.
Le previsioni dei più qualificati istituti indicano chiaramente che, in assenza di correttivi, la situazione energetica italiana è destinata a diventare ancor più critica: se la maggior parte del crescente fabbisogno nazionale continuerà ad essere soddisfatta come ora dai combustibili fossili, nel 2020 la nostra dipendenza dall'estero per il gas naturale e il petrolio supererà il 90% e la bolletta energetica diventerà un peso insostenibile per molte imprese e famiglie.
Già oggi, l'onere delle importazioni di energia è pari a 60 miliardi di euro e finisce, di fatto, col vanificare la brillante performance del nostro export.
Di riflesso, nei primi sei mesi del 2008, le tariffe per il mercato vincolato hanno registrato un incremento medio dell'8% per l'energia elettrica e del 7% per il gas. Nel mercato libero l'aumento dei prezzi è stato ben maggiore, raggiungendo punte superiori anche al 30 per cento. Di fronte a un simile scenario, sarebbe irresponsabile rimanere inerti.
Per questa ragione, abbiamo posto l'energia tra le priorità strategiche dell'azione di governo.
Intendiamo raggiungere tre principali obiettivi:
la diversificazione delle fonti e delle aree di approvvigionamento, oggi troppo concentrate in zone geografiche ad elevata instabilità politica;
la riduzione strutturale dei costi dell'energia, diventati ormai un freno alla competitività delle imprese ed un pesante fardello per molte famiglie;
il contenimento delle emissioni di gas ad effetto serra, con soluzioni tecnologicamente avanzate ed economicamente sostenibili.
Per poter raggiungere questi risultati occorre rendere possibile la costruzione e l'ammodernamento della necessaria dotazione infrastrutturale: rigassificatori, sistemi di stoccaggio per il gas naturale, reti di trasporto e interconnessione con altri paesi.
A questo scopo, abbiamo impresso una decisa accelerazione al programma di infrastrutture energetiche, inserendo nella «Rete nazionale dei gasdotti» nuovi progetti, perfezionando gli accordi internazionali per i gasdotti di interconnessione con l'Algeria e la Grecia e per gli elettrodotti con la Tunisia e l'Albania.
Stiamo semplificando le procedure autorizzative, aumentando l'impiego del carbone pulito, promuovendo le fonti rinnovabili e l'efficienza energetica, valorizzando le risorse di idrocarburi non ancora sfruttate nel nostro paese, pari a non meno di 1 miliardo di barili.
Ma, soprattutto, abbiamo previsto il rilancio del nucleare, l'unica fonte in grado di garantire la produzione di elettricità su vasta scala, a costi competitivi e senza emissioni di gas serra.
Abbiamo già illustrato il nostro programma strategico al Consiglio europeo dei ministri dell'energia lo scorso giugno e, successivamente in Giappone in sede di G8 energia, riscuotendo in entrambe le occasioni vivo interesse da parte dei nostri partner stranieri.
Ribadiremo la nostra posizione anche nel G8 che l'Italia ospiterà la prossima primavera, presentando la nostra road map per giungere alla «posa della prima pietra» entro il 2013.
Entro la fine dell'anno definiremo i criteri per la localizzazione dei siti e istituiremo un organismo preposto alla sicurezza in campo nucleare.
Parallelamente saranno definite le procedure di autorizzazione degli impianti, secondo logiche che garantiscano certezza dei tempi, finanziabilità dei progetti, protezione dell'ambiente, tutela della salute dei lavoratori e delle popolazioni interessate.
Ridefiniremo anche i criteri di compensazione a favore delle comunità che ospiteranno siti nucleari, nella convinzione che sia necessario assicurare benefici concreti direttamente ai cittadini ed alle imprese, in termini di sconti sul costo dell'energia e rilancio delle economie locali.
Il ritorno all'energia nucleare sarà perseguito tenendo conto dei diversi interessi coinvolti: il governo creerà le condizioni di contesto che consentiranno ai privati, in una logica di mercato, di effettuare gli opportuni investimenti.
Naturalmente il nucleare non è l'unica fonte energetica su cui puntiamo, ma senza il suo contributo non vi può essere alcuna soluzione credibile per l'attuale situazione di crisi.
Il programma nucleare sarà, quindi, accompagnato da una decisa azione di sostegno alle fonti rinnovabili, alla quale destineremo oltre 2 miliardi di euro previsti dal nostro programma di incentivi all'innovazione e dal Quadro comunitario di sostegno 2007-2013.
Il nostro obiettivo è un mix di generazione elettrica formato dal 25% di fonti rinnovabili, 25% di nucleare e 50% di combustibili fossili.
Sottoporremo questa strategia alla Conferenza nazionale per l'energia e l'ambiente, che stiamo organizzando per la prossima primavera e per la quale contiamo anche sul prezioso contributo del mondo della ricerca.
Per la prima volta, a distanza di venti anni dall'ultimo Piano energetico nazionale, un documento strategico di politica energetica definirà priorità, obiettivi e strumenti di intervento, delineando un quadro stabile di riferimento, sulla base del quale le imprese potranno programmare i loro piani di investimento.
Opereremo in una logica di mercato, senza anacronistiche pretese dirigistiche, assicurando la massima trasparenza dei processi decisionali e promuovendo la più ampia concorrenza tra gli operatori.
Coerentemente con questi principi, nei prossimi giorni presenteremo al parlamento una norma per l'istituzione della borsa italiana del gas, che fornirà un primo, significativo contributo alla maggiore apertura del mercato.
Il nostro progetto di «rinascimento nucleare» non può prescindere dal determinante contributo del mondo dell'università, della scienza, della ricerca.
Abbiamo bisogno di tecnici specializzati, di professionalità altamente qualificate, in grado di assicurare l'efficienza e la sicurezza di tutte le diverse fasi della complessa filiera nucleare.
A questo scopo, ritengo auspicabile la creazione di un polo nucleare d'eccellenza, in grado di attrarre, in una logica industriale, le migliori competenze di cui l'Italia dispone nel settore, creando così quella «massa critica» di professionalità e strutture imprenditoriali necessaria per tornare a partecipare attivamente al club dei paesi nucleari.
Occorre, inoltre, valorizzare le collaborazioni internazionali e le opportunità di partnership industriali, attraverso le quali le imprese italiane possono acquisire competenze preziose nelle tecnologie nucleari più evolute, seguire le sperimentazioni in corso in altri Paesi, formare adeguatamente i propri tecnici.
Sarà possibile, in questo modo, colmare più rapidamente i ritardi che abbiamo accumulato nell'industria e nella ricerca per effetto dei venti anni di blocco seguiti all'infausto referendum del 1987.
Ma la ricerca svolge un ruolo decisivo anche in settori diversi dal nucleare.
Le nuove tecnologie possono fornire un contributo importante all'utilizzo delle fonti rinnovabili, alla promozione dell'efficienza e del risparmio energetico, obiettivi centrali della nostra strategia di diversificazione delle fonti e di contenimento delle emissioni di gas serra.
Siamo già intervenuti in materia con il decreto legislativo dello scorso mese di maggio, che si propone una riduzione dei consumi attesi di energia di almeno l'1% l'anno fino al 2016.
Ci attendiamo positivi risultati anche dal nostro programma di incentivi all'innovazione, che destina 200 milioni di euro ai progetti innovativi in materia di efficienza energetica.
Proprio in questi giorni stiamo iniziando a valutare i quasi cento progetti presentati da circa 800 soggetti tra imprese, università, centri di ricerca.
Si tratta di progetti interessanti, del valore complessivo di oltre un miliardo e mezzo, che consentiranno di ridimensionare lo stato di sudditanza tecnologica dall'estero di cui l'Italia soffre da ormai troppo tempo.
Siamo consapevoli che le misure di carattere normativo, gli incentivi economici, le soluzioni tecnologiche non sono, da soli, sufficienti per la realizzazione di un progetto ambizioso e complesso come la nostra strategia energetica nazionale.
Occorre molto di più.
È necessario un radicale mutamento culturale, che sgombri definitivamente il campo da vecchi tabù, pregiudizi ideologici, interessati equivoci, ancora troppo diffusi presso l'opinione pubblica italiana.
L'imminente istituzione di un'autorevole Agenzia di sicurezza nucleare dovrebbe agevolare questo mutamento, fornendo una chiara dimostrazione della serietà e della cautela con cui il governo intende affrontare la riapertura dell'opzione nucleare.

Enel punta 1,5 miliardi nelle centrali russe

Enel, secondo quanto riferisce il Sole 24 Ore, ha avviato gli investimenti per aumentare la capacità produttiva di Ogk-5, la società di generazione elettrica di cui possiede il 56% del capitale, acquisita per 2,4 miliardi di euro al termine di un'offerta pubblica che si è conclusa nel marzo di quest'anno. Un primo gruppo a ciclo combinato da 410 megawatt, di cui ieri è stata simbolicamente posata la prima pietra alla presenza dell'amministratore dell'Enel, Fulvio Conti, e delle autorità locali, sarà realizzato nella centrale di Sredneuralskaya, situata a pochi chilometri da Ekaterinburg, la principale città industriale degli Urali, dove vennero fucilati gli zar subito dopo la rivoluzione bolscevica. La previsione di spesa è di 350 milioni. Un secondo gruppo di pari potenza sarà realizzato nella centrale di Nevinnomysskaya, nella regione di Stavropol, con un una spesa di altri 400 milioni. E ulteriori 750 milioni saranno spesi nei vari siti di Ogk-5 (la società è presente anche nella regione di Tver) per migliorarne l'efficienza, la sicurezza e l'impatto ambientale

venerdì 26 settembre 2008

Per Eni ed Edison nuova scoperta di gas nel canale di Sicilia

Dopo i successi realizzati nei giacimenti Cassiopea, Panda e Argo, ieri Edison ed Eni hanno comunicato una nuova scoperta di gas nel Canale di Sicilia presso il pozzo Argo 2, a circa 20 km dalla costa. Nello specifico, l'Edison guidata da Umberto Quadrino ne detiene una quota del 40% mentre il gruppo guidato da Paolo Scaroni è operatore con il 60 per cento. La prova su Argo 2 ha prodotto circa 170.000 mc/giorno di gas. E alla luce della nuova scoperta le società hanno in programma un potenziamento dell’area a circa 18 miliardi di mc. In questo settore, Edison ha l’obiettivo di incrementare le riserve e la produzione annua, con investimenti di oltre 2 miliardi, dei quali la metà destinati alla messa in produzione di riserve in Italia, Croazia e Algeria. L’attività di produzione consentirà di controbilanciare, in termini di costi di approvvigionamento, dell’andamento del petrolio.

Il prezzo della benzina torna a crescere

Scatta un’ondata di rincari per i carburanti. Seppure con aggiustamenti contenuti, quasi tutte le compagnie hanno rivisto da ieri i listini all’insù. La verde si porta così su quota 1,43 euro al litro ed il diesel su 1,38-1,39 per tutti i marchi. L’altro ieri a rialzare i prezzi di un centesierimo al litro, tanto per la benzina che per il gasolio, era stata Agip, dopo settimane di prezzi stabili. Ieri un rialzo è stato deciso da Api-Ip, Erg, Esso, Q8 e Tamoil. Ieri il prezzo del petrolio è salito a New York di oltre 2 dollari al barile portandosi a quota 107,73 dollari.

giovedì 25 settembre 2008

Tremonti: "I biocarburanti un crimine contro l'umanita'?"

I biocarburanti un crimine contro l'umanita'? Il dubbio e' stato sollevato dal ministro dell'Economia Giulio Tremonti nel corso del suo intervento di apertura della quarta conferenza mondiale sul futuro della scienza che ha per tema "food and water for life". "Considerato quanto assorbono di terra per l'agricoltura, quanto forzano il ciclo delle irrigazioni, quanto assorbono di petrolio, per esempio per i trattori - ha detto Tremonti - non ho ancora capito se investire in biocarburanti sia un obbiettivo positivo e propositivo, come tale assunto in Europa dalla Commissione Europea, o se invece e' un crimine contro l'umanita". (Agi)

Tremonti: "L'acqua e' piu' importante del petrolio"

L'acqua e' piu' importante del petrolio". Lo ha detto il ministro dell'Economia Giulio Tremonti nel suo discorso di apertura della conferenza mondiale sul futuro della scienza dedicata ai temi "food and water for life" in corso alla fondazione Giorgio Cini fino al 27 settembre. "Nel prossimo futuro, e' stato detto, sara' possibile sostituire il petrolio con altre fonti di energia - ha proseguito Tremonti - ma non sara' mai possibile sostituire l'acqua. A differenza del cibo, l'acqua sta diventando una risorsa scarsa anche per i ricchi: quest'anno 18 milioni di californiani hanno subito forti riduzioni dell'approvvigionamenti idrico a causa della scarsita' di acqua. (Agi)

mercoledì 24 settembre 2008

Eni stringe su Union Fenosa Gas

Nei prossimi giorni il vertice operativo dell'Eni sarà a Madrid per negoziare l'acquisizione del 50% di Union Fenosa Gas, la joint venture che il gruppo italiano detiene "fifty-fifty" con Union Fenosa. Lo scrive il Sole 24 Ore, secondo il quale, e la stampa spagnola, è comunque difficile che la delegazione di San Donato riesca a chiudere l'operazione in tempi brevi.La situazione è complessa. Eni, infatti, secondo i patti parasociali siglati nel 2002 quando è nata la joint venture, può esercitare il diritto d'opzione sul 50% di Unione Fenosa, dato che l'azionariato del gruppo spagnolo (oggi controllato dalla Acs di Florentino Perez), a seguito della prossima fusione con la catalana Gas Natural, cambierà di assetto e controllo. A tutto questo si aggiungerebbero altri due problemi. Il primo è che Union Fenosa ha comunque il diritto di controrilanciare alla richiesta dell'Eni, con una offerta superiore del 20% a quella del gruppo italiano. Il secondo è che Gas Natural sarebbe intenzionato a tenersi ben stretta Union Fenosa Gas.Come a dire che il quadro è complicato e che un accordo non appare affatto in dirittura d'arrivo. Saranno a buon conto le banche incaricate del dossier a valutare la situazione e ad arrivare a una soluzione che vada bene ad entrambe le parti. Tanto più che la fusione di Gas Natural con Union Fenosa non dovrebbe andare in porto prima della primavera del prossimo anno.Sul fronte di Union Fenosa non è comunque tutto. Il gruppo, infatti, detiene una joint venture nel settore delle rinnovabili con l'Enel: anche questo accordo potrebbe essere soggetto a una revisione nei prossimi mesi se la società guidata da Fulvio Conti dovesse decidere di far valere i propri diritti.

Gnudi, l'Enel è già pronta per il nucleare

Articolo tratto da Milano Finanza

L'Enel sarà pronta al nucleare quando ci saranno le condizioni. Parola del presidente del gruppo di Viale Regina Margherita, Piero Gnudi. «Noi abbiamo esperienza nel nucleare, siamo già presenti in Slovacchia e Francia», ha sottolineato il numero uno della società. D'altra parte il colosso energetico nazionale già da qualche mese ha riacceso la macchina operativa per tornare nuovamente all'atomo. Di pari passo il governo sta proseguendo nell'iter legislativo necessario a ripristinare lo status quo ante del referendum del 1987, quando il voto popolare fece di fatto spegnere gli impianti. Ma Gnudi, uscendo dal cda di Unicredit, è tornato anche a parlare del caro bolletta e dei prezzi del petrolio. «Se cade il greggio cadono anche le bollette. Tuttavia, in Italia il mix di generazione è troppo squilibrato verso il gas e il petrolio: finché non cambierà saremo condannati a pagare più degli altri», ha concluso il presidente dell'Enel.

martedì 23 settembre 2008

Basilicata, il petrolio che non porta ricchezza

Aumenta l'inquinamento. Pochi assunti, spiega il Corriere della Sera

Texas o Lucania Saudita, ormai i luoghi comuni si sprecano, per la Basilicata che galleggia sul più grande giacimento di petrolio dell'Europa continentale e sul gas. Qui, nel parco nazionale della Val d'Agri, dove non c'è la sabbia del deserto ma il verde degli orti e dei boschi, tutto è di primissima qualità: olio, vino, carne, fagioli, miele, nocciole. E anche il petrolio, che si estrae da quindici anni, è di ottima qualità. I 47 pozzi del giacimento della Val d'Agri custodiscono, dicono le stime ufficiali, circa 465 milioni di barili (finora ne sono stati estratti quasi 11 milioni), che al valore corrente di 90-100 dollari al barile formano un tesoro da quasi 50 miliardi di dollari.Ma la Basilicata, che produce l'ottanta per cento del petrolio estratto in Italia, non si fermerà a quello della Val d'Agri, estratto dall'Eni. Dal 2011 comincerà a sfruttare — con Total, Esso e Shell — i giacimenti di Tempa Rossa, poco più a nord: altri 480 milioni di barili, altri 50 miliardi di dollari. Ed è pronta a far trivellare anche Monte Grosso, proprio a due passi da Potenza, dove c'è altro petrolio per 100 milioni di barili. E poi farà scavare nel Mare Jonio, nelle acque di Metaponto e di Scanzano, dove dai templi greci si vedranno spuntare piattaforme petrolifere come nel Mare del Nord.Nessuno, ancora fino a qualche anno fa, e nonostante i giacimenti della Val d'Agri, avrebbe scommesso che nel sottosuolo lucano e nei fondali jonici fosse nascosta tutta questa ricchezza. Dopo l'intuizione di Enrico Mattei, che tra gli anni 50 e 60 venne qui a cercare petrolio e trovò «soltanto» gas, l'idea che la Basilicata potesse davvero essere un enorme serbatoio di petrolio era per lo più giudicata un volo della fantasia.Invece i sondaggi e le trivelle si sono spinti fino nelle viscere della terra, a tre-quattromila metri di profondità, e hanno trovato il mare nero che cercavano. Come non essere contenti? Sembrava l'annuncio dell'inizio di una nuova era, per la Basilicata e per il Mezzogiorno d'Italia, per la questione meridionale e per il federalismo fiscale, per il lavoro ai giovani e per la fine dell'emigrazione. E infatti, all'inizio, tutti erano contenti.

Follia petrolio, in un giorno da 104 a 130 dollari

Il petrolio impazzito mette il turbo. Raggiunge la stratosferica quota di 130 dollari. Un attimo prima era a 104. In una sola seduta macina un rialzo di oltre 25 biglietti verdi. Un lunedì indimenticabile. Altro che rally. Un terremoto. Se si pensa che appena una settimana fa i mercati brindavano alla discesa dell’oro nero sotto quota 90. In termini assoluti è il maggior rialzo giornaliero da quando sono state aperte le contrattazioni al Nymex di New York nel 1983.

lunedì 22 settembre 2008

Il caro-benzina? Fa anche bene

I prezzi scandalosi di benzina e gasolio, dice il Corriere della Sera in edicola, stanno rovinando il mercato. Oggi mantenere un'auto costa talmente tanto che molti vi rinunciano. Basti sapere che la percorrenza media annuale si è abbassata a 11.500 chilometri, contro i 14 mila di quando ci si poteva avvicinare a una stazione di servizio senza il batticuore.Comprensibile. La spesa complessiva media di ogni automobilista è di 5.000 euro all'anno (dati 2007). In molti casi per macchine che ne valgono la metà. Va ricordato, perché è bene ripeterlo fino a stancarsi, che una parte di questi quattrini, quelli relativi alle tasse (esattamente 2.000 euro totali), se ne vanno anche per accise assurde sulla benzina applicate per la guerra di Abissinia del 1935; la crisi del canale di Suez del 1956; il disastro del Vajont del 1963; l'alluvione di Firenze del 1966; il terremoto del Belice del 1968; il terremoto del Friuli del 1976; il terremoto dell'Irpinia del 1980; la missione in Libano del 1983; la missione in Bosnia del 1996; per il rinnovo contratto autoferrotranviari del 2004. È tutto vero, non siamo impazziti. Eppure collegato al caro-petrolio c'è un aspetto positivo. Sembra impossibile ma è così. E ce ne accorgiamo quotidianamente soprattutto viaggiando in autostrada: per il timore (terrore?) di consumare, gli automobilisti vanno più piano. La corsia di destra, quella lenta, è sempre più affollata. Quella di sorpasso è diventata roba da ricchi e lo dimostrano le (poche) auto che ormai vi sfrecciano incuranti non solo del galleggiante che inesorabilmente si abbassa nel serbatoio ma anche di tutor e autovelox per fortuna sempre più numerosi e implacabili. È un aspetto positivo perché velocità più bassa significa minori consumi e quindi minor inquinamento ma anche maggior sicurezza e quindi un minor numero di incidenti. Consoliamoci così, in attesa di tempi migliori.Sperando che arrivino, questi sì, a tutta velocità sulla corsia di sorpasso.

L'Italia torna al Piano energetico

Approda nel Delta del Po il nuovo rigassificatore in grado di trattare 8 miliardi di metri cubi l'anno, un articolo del Sole 24 Ore

L'Italia dell'energia torna alla pianificazione dopo gli anni in cui le decisioni erano delineate non dai disegni della politica bensì dagli investimenti del mercato. «Finalmente l'Italia avrà un suo piano energetico», ha detto ieri il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, durante la cerimonia di benvenuto del terminale di rigassificazione al largo del delta del Po.L'ultimo Piano energetico nazionale (Pen) era del 1991 e aveva sancito il risultato del referendum nucleare dell'87. Da allora si è seguita la strada del mercato: privatizzazione dell'Enel, liberalizzazione del mercato elettrico e del gas, la scelta di quali centrali costruire in mano alle aziende elettriche. Ora il nuovo Pen potrebbe nascere in primavera con all'interno anche il programma nucleare, assicurano Berlusconi e il ministro dello Sviluppo economico Claudio Scajola. «L'obiettivo è portare il costo dell'energia sul livello degli altri Paesi europei», afferma Berlusconi. I punti cruciali del piano saranno «diversificazione delle fonti energetiche – aggiunge il premier – sviluppo del nucleare, sviluppo delle energie rinnovabili e alternative». Scajola parla di un futuro contributo del 25% da fonti rinnovabili e di un 25% dal nucleare.Ieri sul delta del Po il benvenuto all'impianto, il primo rigassificatore italiano dopo il piccolo impianto spezzino dell'Eni costruito 30 anni fa. È il rigassificatore della liberalizzazione, il primo impianto italiano di importazione di gas che non è targato Eni, oggi guidato da Paolo Scaroni. È capace di riportare allo stato gassoso 8 miliardi di metri cubi di metano l'anno,«pari al 10%della domanda italiana», afferma orgoglioso Umberto Quadrino, amministratore delegato dell'Edison, la società che una dozzina d'anni fa aveva immaginato l'impianto, primo al mondo di questo tipo.Costruito ad Algeciras, in Spagna, l'impianto colossale è stato trainato attraverso il Mediterraneo con una crociera di un paio di settimane. Il cassone di cemento alto come un edificio di una dozzina di piani e lungo come una portaerei è arrivato a 17 chilometri al largo del delta del Po all'alba di martedì ed è stato zavorrato fino a posare la base sul fondo dell'Adriatico. Ne emerge di una ventina di metri, coperto da una matassa di condutture, tralicci e impianti tecnologici. Appartiene all'Adriatic Lng, joint venture fra ExxonMobil e Qatar Petroleum ( al 45% ciascuna) e all'Edison (10%). È costato 2 miliardi di euro (contro i quasi 700 milioni stimati dal primo studio di fattibilità degli anni 90). È il primo investimento del Qatar in un paese consumatore di gas. Fra un paio di mesi arriverà dal Qatar, nel Golfo persico, la prima nave carica di metano liquido, ma quel metano sarà scaricato nei due grandi serbatoi solamente per raffreddarli. Il rigassificatore è un termos da giganti, perché per rimanere liquido il metano deve essere tenuto a 160 gradi sotto zero. Per riportare quel metano allo stato di gas basterà riscaldarlo con acqua di mare in uno grande scambiatore di calore, e il metano bollirà come acqua in una pentola trasformandosi in gas. Una conduttura porterà quel metano a terra, fino alla rete nazionale dei gasdotti. Le prime navi cariche di metano liquido destinate al mercato arriveranno in primavera.

sabato 20 settembre 2008

La corsa all'energia

La Ue offre il proprio sostegno finanziario (e politico) alla pipeline da 15 miliardi di euro attraverso il Sahara. L'Europa vuole il gas nigeriano

Torna a scatenarsi la corsa all'oro

Da Mf

La turbolenza sui listini internazionali fa salire le quotazioni degli investimenti più sicuri. Il metallo giallo supera i 900 dollari l'oncia e sembra destinato a riportarsi a quota 1.000 se continuerà la crisi delle borse L'oro sfonda quota 900 e punta verso i mille dollari all'oncia. Dopo il rialzo record di mercoledì scorso, il prezzo ha continuato a salire anche ieri fino ad arrivare a 900,7 dollari. Al termine della giornata di contrattazioni a New York, i futures sull'oro con scadenza a dicembre erano scambiati a quota 897,8 dollari l'oncia, in aumento di 47,3 dollari rispetto alla chiusura di ieri. L'andamento delle quotazioni non è certo una sorpresa: nei momenti di incertezza sui mercati gli operatori vendono azioni e obbligazioni e puntano su investimenti più sicuri, come le materie prime. I picchi dell'oro sono l'altra faccia dei minimi di borsa.

giovedì 18 settembre 2008

A Kashagan produzione al via nel 2012

Da Mf

L'Eni guidato da Paolo Scaroni punta ad avviare la produzione del giacimento del Kashagan nel 2012, nonostante l'accordo con il governo kazako secondo il quale la partenza potrebbe essere rinviata fino al 2013. È quanto si legge nelle slide della presentazione fatta ieri agli analisti ad Atyrau (Kazakistan) sull'aggiornamento del settore exploration&production. Eni, nella parte relativa al programma sperimentale, dice di aspettarsi una capacità produttiva di 150 mila barili al giorno allo start up, nel quarto trimestre del 2012, che potrebbe arrivare a 370 mila barili al 2014 e 450 mila al 2015. Nella presentazione agli analisti, Eni conferma anche il nuovo modello operativo e la governance che prevede che Eni resti capo consorzio per tutta la fase sperimentale, nonostante le pressioni di Total. Nelle slide Eni conferma i target di produzione degli idrocarburi per il periodo 2007-2011 con una crescita del 3,6%, assumendo un prezzo del petrolio a 90 dollari al barile, e del 3% con una media di 120 dollari al barile

Africa, ecocreditrice

Interessante articolo tratto dal quotidiano il Manifesto

Prima ecoingiustizia. L'Africa è fra le aree più ricche del mondo quanto a dotazioni in risorse naturali, non solo minerarie, eppure è il continente più «ricco» di miseri e affamati. Seconda ecoingiustizia. L'Africa è fra le zone che più soffrono e soffriranno per i cambiamenti climatici (secondo il rapporto Fao «Climate Change Adaptation and Mitigation: Chellenges and Opportunities for Food Security», subirà un declino del 30 per cento nei raccolti cerealicoli); eppure salvo eccezioni sono gli abitanti dell'Africa ad avere in media l'impronta climatica pro capite più leggera, ovvero a contribuire in misura minore al caso climatico (lo confermano, seppur con alcunq inesattezze, i grafici riportati dal supplemento speciale del Financial Times intitolato «Climate Change. Part two: Policy»). Terza ecoingiustizia. L'Africa è titolare di un importante credito ecologico nei confronti del resto del mondo e in particolare dell'Occidente; eppure è considerata debitrice finanziaria e al tempo stesso destinataria di «aiuti» (virgolette d'obbligo) internazionali ... che coprono una parte irrisoria dell'ecodebito mondiale verso l'Africa. Convenzionalmente si definisce «debito ecologico» il debito accumulato verso le nazioni impoverite durante lo sfruttamento delle risorse naturali il quale provoca spesso problemi di inquinamento idrico e atmosferico, distruzione di terre, spostamenti di popolazioni, malattie, concentrazione di ricchezza. Sul rapporto fra aiuti e danneggiamenti all'Africa si è soffermato un articolo dell'agenzia stampa Inter Pressa Cervice riferendo di un Forum tenutosi ad Accra, capitale del Ghana, agli inizi di settembre. L'Africana Forum rand Network on Debito and Development (Afrodad), coalizione basata in Zimbabwe che lavora sul problema del debito finanziario dei paesi africani, ha sottolineato che l'impatto ecologico (e dunque sociale: sulle vite dei poveri) legato allo sfruttamento delle risorse naturali non viene tenuto sufficientemente in conto nelle discussioni, appunto, sull'efficacia degli aiuto per lo «sviluppo». Senza negare le responsabilità dei governi africani, Afrodad ritiene che sia proprio il prelievo internazionale di quelle abbondanti risorse naturali a tenere il continente con la testa sott'acqua impedendogli di uscire dal ciclo della povertà, e far sì che chieda sempre più aiuti. Attivisti dello Zambia hanno compiuto uno studio sull'impatto delle miniere di rame nel loro paese; uscirà fra poche settimane. Lo Zambia è il settimo produttore mondiale di questo metallo. Nel 2007 ne ha prodotte 521.984 tonnellate e il governo prevede di salire a 600.000 tonnellate. E però secondo il rapporto, sia il governo che - soprattutto - la popolazione zambiana vedono molto poco della ricchezza prodotta: le miniere sono nelle mani del settore privato, comprese molte compagnie straniere. Il governo riceve solo lo 90,006 per cento del profitto annuale, e intanto i privati si arricchiscono e i problemi ecologici si moltiplicano. La "cintura del rame" (la fascia mineraria), che non rispetta gli standard internazionali, è inquinata dalla polvere delle miniere e dai rifiuti dell'estrazione. Che fare? Per gli attivisti antidebito africani, la risposta è semplice - ma difficilissima da ottenere: i paesi coinvolti nello sfruttamento minerario in Africa devono pagare il debito accumulato. «Se vogliamo che gli africani escano dalla miseria». Insomma: quella che è pomposamente chiamata «cooperazione internazionale», cominci a restituire il maltolto ...

Petrolio, Mosca porta lo scontro nell'Artico

La Russia intende, nel prossimo futuro, stabilire formalmente i suoi confini nell’Artico, dice Avvenire. Con queste parole il presidente russo Dmitrij Medvedev ha annunciato di volere una formalizzazione del confine della zona, considerata strategica e che la Russia ha già in passato rivendicato come proprio territorio. In particolare, negli anni scorsi, Mosca aveva affermato che la catena montuosa sottomarina Lomonosov «è parte della piattaforma continentale russa». Tale rivendicazione è stata, tuttavia, respinta con forza da Norvegia, Danimarca, Stati Uniti e Canada. «Dovremmo dare gli ultimi ritocchi a tutte le formalità per la delineazione del confine esterno della piattaforma continentale. Si tratta di una nostra responsabilità diretta sulle generazioni future», ha dichiarato Medvedev nel corso di un vertice del Consiglio di sicurezza nazionale. Il sottosuolo marino al Polo Nord è considerato ricco di giacimenti di gas e petrolio e, in base alle stime degli esperti, la piattaforma continentale contiene un quarto circa del totale degli idrocarburi del mondo. Secondo lo Us Geological Survey, la regione artica ha un potenziale di almeno 90 miliardi di barili di petrolio. Gli Usa avevano già in passato rifiutato le pretese dei rivali Base russa nell’Artico.

Petrolio, in Italia consumi a picco ad agosto

Continua il calo dei consumi petroliferi in Italia, con una netta contrazione per benzina e gasolio. Ad agosto i consumi petroliferi si sono attestati a circa 6,4 milioni di tonnellate, con una diminuzione del 5,6% (-378.000 tonnellate) rispetto allo stesso mese del 2007. Scende dell´11,2% il consumo di benzina e del 5,7% quello del gasolio. Sono i numeri diffusi ieri dall´Unione petrolifera, che sottolinea che i carburanti sono stati penalizzati anche due giorni di consegna in meno. In decisa frenata anche i consumi di lubrificanti (-25,8%) e gGpl (-4,7%). La domanda totale di carburanti (benzina e gasolio) è così risultata pari a circa 2,8 milioni di tonnellate, con un calo del 7,6% (-230.000 tonnellate) rispetto allo stesso mese del 2007. Sempre ad agosto le immatricolazioni di autovetture nuove sono scese del 26,4%. Nei primi otto mesi dell´anno i consumi sono stati invece pari a 54,2 milioni di tonnellate, con una diminuzione del 2,5% (-1.379.000 tonnellate) rispetto allo stesso periodo del 2007. La benzina, sempre nei primi otto mesi, ha mostrato una flessione dell´8,2% (-656.000 tonnellate) mentre il gasolio un aumento dello 0,1% (+25.000 tonnellate). La somma dei soli carburanti nei primi otto mesi dell´anno evidenzia una flessione del 2,5% (-631.000 tonnellate).

mercoledì 17 settembre 2008

Petrolio, barile sotto 90 dollari

I consumatori: giù anche la verde. Interessante articolo sul Corriere della Sera

Prezzi in caduta libera. Solo due mesi fa nessuno si sarebbe mai sognato un simile tracollo. Eppure le quotazioni del petrolio sono precipitate del 38%, dai 147 dollari dell'11 luglio a meno di 90 dollari. È la conseguenza istantanea del crollo dei mercati finanziari, dopo i crac di Lehman Brothers, Bear Stearns, Merrill Lynch, con le economie mondiali che traballano, la recessione che ormai è diventata qualcosa di più di uno spauracchio dietro l'angolo e con le inevitabili ripercussioni che tutto questo avrà sul piano industriale, che di fatto stanno trascinando al ribasso il prezzo del petrolio.Di fronte a una crisi così imponente, che pare destinata a colpire anche i Paesi in via di sviluppo Cina in testa, anche i grandi produttori devono rifare i conti. All'Opec si sono visti costretti ancora una volta a ribassare le stime di crescita della domanda di greggio, che quest'anno dovrebbe attestarsi intorno agli 86,78 milioni di barili (86,81 le precedenti indicazioni), con un modesto incremento dell'1% su base annua. E non dovrebbe andare meglio nel 2009, con previsioni che indicano una crescita limitata a 870mila barili al giorno (+0,9% su base annua). Il previsto rallentamento della crescita economica mondiale si farà sentire anche sull'export di greggio dei Paesi che non fanno parte del cartello: per il biennio 2008-2009 la produzione non-Opec dovrebbe crollare sotto i 50 milioni di barili al giorno.

Crisi in Bolivia per il controllo delle risorse naturali

L'oggetto del contendere dell'attualke crisi che sta sconvolgendo la Bolivia è lo statuto autonomo delle privince ricche di risorse naturali. queste chiedono una distribuzione dei proventi della vendita del gas che finisca nelle loro tasche e si oppongono alla riforma costituzionale "indigenista" proposta da presidente Morales.

martedì 16 settembre 2008

Indonesia, un arcipelago ricco di gas e petrolio

Interessante articolo pubblicato oggi dall'Unità

Le 13.670 isole indonesiane (di cui solo 1/4 abitate) sono disposte lungo l’Equatore. Le isole più grandi sono Giava, dove abita quasi la metà della popolazione, Sumatra, il Borneo (che è diviso con la Malesia), Irian Jaya (parte occidentale della Nuova Guinea) e l’arcipelago di Sulawesi. Economia L’economia indonesiana ha sofferto molto verso la fine degli anni 90, in parte a causa della crisi finanziaria che attraversò gran parte dell’Asia in quel periodo. Da allora l’economia si è stabilizzata. Il paese ha grandi risorse naturali, tra le quali petrolio, gas naturale, stagno, rame e oro.L’Indonesia è il secondo esportatore mondiale di gas, anche se recentemente è diventata un importatore di greggio. Le industrie comprendono raffinerie, stabilimenti chimici e meccanici. I principali prodotti agricoli sono riso, tè, caffè, spezie e gomma. Le isole di Giava e Bali sono famose mete del turismo internazionale. I maggiori partner commerciali indonesiani sono il Giappone, gli Stati Uniti e i paesi vicini come Singapore, Malesia e Australia. L’Indonesia (insieme a Malesia, Filippine, Singapore e Thailandia) è inoltre una delle 5 nazioni fondatrici dell’ASEAN, l’Associazione delle Nazioni del Sudest Asiatico e dell’Opec.

Quel "Gatto selvatico", punto d’incontro d’una grande famiglia

Negli anni Cinquanta debuttava il Gatto selvatico, rivista dell'Eni voluta da Enrico Mattei, come la racconta il Giorno

Queste sono le uniche righe che Enrico Mattei, presidente dell’Eni oggi guidato da Paolo Scaroni, scrisse per il Gatto Selvatico, sul primo numero: «Sono lieto di porgere il mio saluto augurale al Gatto Selvatico, la nuova rivista che si propone di assolvere il compito - modesto ma essenziale - di servire da ideale punto di incontro per tutti coloro che fanno parte della grande famiglia del Gruppo Eni. Il Gatto Selvatico sarà un mezzo di comunicazione ma anche qualcosa di più: sarà il simbolo della nostra comunità, il documento dei nostri sforzi, il discreto consigliere di quanti vorranno un parere amichevole, un chiarimento tecnico o generalmente culturale, una sobria informazione sui principali avvenimenti del nostro tempo. Il nome della rivista è immaginoso e al tempo stesso perfettamente aderente alla nostra attività. Gatto Selvatico è infatti la traduzione letterale in italiano dell’inglese wildcat, parola che nel gergo dei seguaci di Drake serve a indicare "il pozzo esplorativo", ossia il trabocchetto che l’uomo, scavando nelle viscere della terra, tende al petrolio e agli altri idrocarburi».

lunedì 15 settembre 2008

Nuove acquisizioni in vista per Total

Total studia nuove acquisizioni, e per far cassa procede alla cessione delle azioni SanofiAventis. «Se vogliamo crescere in maniera sostenuta, allora è necessario fare a stretto giro delle acquisizioni», ha spiegato l'amministratore delegato Christophe de Margerie.

Benzina: in Italia è più cara dell'11% rispetto a media Ue

Tra il 1998 e il primo semestre 2008, i prezzi industria italiani della benzina e del diesel sono stati stabilmente più alti della media dell'Europa dei 15, con uno scarto medio di oltre l'11 per cento. E' quanto sostiene uno studio del Cerm elaborato sulla base dei dati Eurostat.

domenica 14 settembre 2008

Scaroni prevede «brutte sorprese» per le bollette del gas

Articolo pubblicato dall'Unità

Meglio prepararsi per tempo: il prossimo inverno porterà «brutte sorprese» sul fronte delle bollette del gas, a prescindere dai prezzi in discesa del petrolio.L’aveva anticipato Nomisma Energia, prevedendo dal prossimo mese rincari del 6% per il metano. L’ha confermato ieri Paolo Scaroni, amministratore delegato dell’Eni: «Il settore del gas segue contratti di approvvigionamento, la ripercussione dei prezzi del petrolio arriva con 6-9 mesi di ritardo».Basta fare due calcoli, contando sulle dite i mesi passati dalle impennate registrate dall’oro nero a primavera, per preoccuparsi dell’imminente salasso. «Nel momento del massimo consumo - ha sottolineato Scaroni - noi avremo bollette legate al prezzo del petrolio di maggio-giugno. Anche se il prezzo del petrolio sarà basso, la bolletta del gas sarà alta. E le bollette del gas raggiungeranno il massimo assoluto quando il consumo sarà più forte». Insomma: «In inverno ci saranno brutte sorprese».Le famiglie italiane non possono dunque rallegrarsi dell’atteso rallentamento delle quotazioni del barile. «Ci sono le condizioni per prezzi inferiori ai 100 dollari» ha previsto Scaroni. «Certo, il settore è sensibile a qualsiasi stormir di fronde che può ribaltare le previsioni», ma ad oggi il prezzo del petrolio potrebbe presto attestarsi sui «70-75 dollari al barile». È la stima dell'amministratore delegato di Eni, Paolo Scaroni.Una delle tante variabili in gioco sul fronte energetico è l’instabilità geopolitica. Sul gas, ad esempio, continueremo ancora a lungo ad essere dipendenti dalla Russia: «Ci troviamo di fronte a un’Europa che non può vivere senza gas russo per i prossimi dieci anni» ha sentenziato l’amministratore delegato dell’Eni. Aggiungendo: «La dipendenza sul gas è anche una mina per l’indipendenza politica del nostro paese: se c’è dipendenza energetica, non c’è indipendenza politica».La conclusione di Scaroni è ovvia, e congela ogni ipotesi di misura restrittiva proposta durante la crisi georgiana: «Compravamo petrolio e gas dalla Russia nell’epoca della guerra fredda. Oggi, con questa guerra freddina, non vedo ragione di interrompere questo rapporto».Per quanto riguarda il petrolio, invece, servono previsioni sul lunghissimo periodo: «Dovremo aver petrolio per circa i prossimi 80 anni. Sono tanti, ma anche pochi perchè il mondo non sa vivere senza, quindi bisogna pensare a delle alternative per i nostri consumi».Dalla fine dell’800 ad ora abbiamo consumato mille miliardi di barili, dovrebbero esserci riserve ancora per 6mila miliardi «Quindi - ha concluso Scaroni - dovremmo aver petrolio per circa i prossimi 80 anni».

Il petrolio scende sotto i 100 dollari

Articolo tratto da Milano Finanza

Alla fine, venerdì 12 settembre, il prezzo del petrolio è sceso a New York sotto i 100 dollari al barile. Solo per un attimo, fino a 99,99 dollari, cosa che non accadeva dallo scorso 2 aprile. Ma il segnale è importante, soprattutto se si pensa che tutto congiurava per un rialzo delle quotazioni. L'uragano Ike si stava infatti avvicinando con tutta la sua potenza distruttiva a Houston, la capitale petrolifera degli Stati Uniti, mentre il presidente Hugo Chavez espelleva dal Venezuela l'ambasciatore di Washington ricoprendo d'insulti gli americani e minacciando di chiudere loro i rubinetti del greggio. Come se non bastasse, l'euro era in recupero sul dollaro e tornava a quota 1,42

venerdì 12 settembre 2008

Il museo viaggia e porta l’energia “sotto il naso”

Interessante articolo sulle pagine torinesi del quotidiano La Stampa

E’ il primo museo itinerante, che aiuta a diffondere una cultura di risparmio energetico e di corretto utilizzo delle risorse naturali. Il Museo A come Ambiente di corso Umbria 90, sabato 13 e domenica 14, dalle ore 14, presenta al pubblico l’info container «L’energia sotto il naso», dalla vita quotidiana ai cambiamenti climatici, una struttura interattiva e multimediale per la divulgazione scientifica e per sviluppare «buone pratiche» possibili. L’info container, realizzato con il contributo della Provincia di Torino - Assessorato ambiente - e della Regione Piemonte - Assessorato cultura -, è una struttura trasportabile che, apert« in una piazza, in una fiera o nel cortile di una scuola, diventa esposizione interattiva e multimediale, laboratorio, luogo di animazione, di gioco e di informazione. Dopo la fortunata esperienza dell'info container sull'impronta ecologica, il Museo A come Ambiente ha costruito una nuova vera e propria sezione itinerante del Museo sul tema dell'energia.La struttura inizia il suo giro itinerante nell'ambito del tour della Regione Piemonte «Uniamo le energie», secondo il seguente calendario: 2-5 ottobre Susa (To); 9 -12 ottobre Vercelli; 16-19 ottobre Verbania; 6-9 novembre Asti; 13-16 novembre Alessandria; 20-23 novembre Biella; 27-30 novembre Alba (Cn). Inoltre l'info container sarà presente dal 23 al 4 novembre al Festival della Scienza di Genova (Porto Antico).

Accordo Eni con la First Calgary petroleum

Il gruppo Eni guidato dall'amministratore delegato Paolo Scaroni ha raggiunto l'accordo per l'acquisizione della totalita' delle azioni ordinarie di First Calgary Petroleum, attiva nell'esplorazione e sviluppo di idrocarburi in Algeria.
First Calgary detiene un interesse del 75% nel perimetro di Ledjmet, situato in Algeria, che include diversi giacimenti con risorse complessive superiori a 1,3 miliardi di barili di olio equivalente di cui circa la meta' di gas. A seguito dell'acquisizione Eni stima un incremento delle proprie riserve (certe e probabili) in Algeria di circa 190 milioni di boe. L'avvio della produzione e' previsto nel 2011 con il raggiungimento di un plateau di produzione di competenza Eni di circa 30.000 boe al giorno entro il 2012.

giovedì 11 settembre 2008

Usa, all'Agenzia mineraria droga e tangenti

Petrolio, sesso, droga e corruzione: sono questi gli ingredienti del nuovo scandalo che scuote l'amministrazione Bush. Al centro della bufera, il ministro degli Interni americano. Tre rapporti consegnati ieri al Congresso dall'ispettore generale del Dipartimento hanno messo sotto accusa una cruciale agenzia del ministero, la Mineral Management Service, che ogni anno rastrella dieci miliardi di dollari in royalties pagate dalle aziende minerarie e dell'energia per lo sfruttamento delle risorse naturali. Non solo manipolazioni di contratti e bustarelle. Alcuni funzionari «consumavano cocaina e marijuana e hanno avuto rapporti sessuali con rappresentati delle società petrolifere e del gas».

Nell'area flegrea lotta agli scempi delle risorse ambientali

Abbattuto un edificio di tre piani da 250 metri quadri in una zona sottoposta a vincolo tra via Campana e gli Astroni. In programma nuovi abbattimenti. L’area flegrea rientra tra le zone maggiormente gravate da vincoli perché si tratta di un territorio con immense risorse naturali e ambientali da proteggere e salvaguardare. Per questo la situazione puteolana e flegrea è particolarmente monitorata durante le riunioni che mensilmente si tengono in Prefettura con all’ordine del giorno l’azione che le diverse amministrazioni comunali devono porre in essere per tutelare il territorio.

mercoledì 10 settembre 2008

Un metro quadrato di sole vale un barile di petrolio

Un metro quadrato di sole vale un barile di petrolio. Da qui bisogna partire per vincere la scommessa del futuro e i ricercatori europei, insieme ai vertici della Commissione, hanno scelto la Fiera del Fotovoltaico di Valencia per lanciare un vero e proprio appello. «In un barile di petrolio, pari a 159 litri di oro nero, sono contenuti 1,5 MW di energia.

South Stream: via libera al gasdotto progettato dall'Eni di Paolo Scaroni e dalla russa Gazprom

Interssante articolo sul quotidiano Mf sul nuovo gasdotto South Stream
 

Il parlamento greco ha approvato ieri l'accordo per il gasdotto Southstream (progettato dall'Eni di Paolo Scaroni e dalla russa Gazprom) che attraverserà il territorio ellenico. Lo ha annunciato il presidente dell'assemblea unicamerale Dimitris Sioufas che ha ratificato l'accordo dopo il parere favorevole dei parlamentari del partito della maggioranza Nuova Democrazia e del partito socialista di opposizione Pasok. Astenuti invece i membri della coalizione di sinistra Syriza e contrari i comunisti del partito Kke. Nei giorni scorsi il gasdotto aveva già ricevuto l'ok dalla commissione per la produzione e il commercio. Il via libera al progetto (che servirà a trasportare il gas russo verso il Sud Europa) non ha subito i contraccolpi della crisi georgiana. Il ministro degli esteri, Dora Bakoyannis, aveva assicurato nei giorni scorsi, proprio davanti al parlamento, che la recente tensione fra Mosca e Occidente non avrebbe avuto effetti sulla volontà del governo di mantenere tutti gli impegni presi. Il gasdotto, che costerà complessivamente 20 miliardi di dollari, avrà una capacità di trasporto di 30 miliardi di metri cubi l'anno, contro gli attuali 17 miliardi. Il percorso delle tubature partirà dalla regione di Krasnodar, sul Mar Nero, per giungere alla città bulgara di Varna, passando sui fondali marini per 900 km. Da quel punto il percorso del gas si dividerà in due: verso l'Italia e per il centro Europa

martedì 9 settembre 2008

Eni e Gazprom confermano gli accordi sul gas

Articolo tratto da Repubblica dopo la guerra lampo tra Russia e Georgia

Gli italiani possono stare tranquilli. La Russia non chiuderà i rubinetti del gas destinato all'Italia. Il rapporto tra Eni e Gazprom «non è intaccato dalla recente crisi tra Usa e Russia». Lo ha affermato a Cortina InConTra l'Amministratore delegato di Eni Paolo Scaroni. Francamente - ha detto - non mi aspetto nessun impatto. Eni ha un rapporto con Gazprom da 50 anni e ha vissuto le crisi internazionali mantenendo rapporti eccellenti». «Le forniture non ci sono mai state ridotte o tagliate - ha concluso - e anche questa guerra "freddina" non dovrebbe in alcun modo influenzare i nostri rapporti».

Al voto l'Angola del boom petrolifero

Si è votato in Angola per la prima volta in 16 anni. L'Angola è un Paese importante, interessa a tutti o quasi. Abbondano le materie prime, molte delle quali non ancora sfruttate a causa della lunga guerra civile (1975-2002). Gli occhi sono puntati soprattutto sui diamanti e sul petrolio, la vera ricchezza nazionale. Se le estrazioni non hanno già raggiunto due milioni di barili al giorno, ci manca pochissimo. Nel corso di quest'anno, in alcuni periodi il Paese, entrato nell'Opec a inizio 2007, ha strappato alla Nigeria il primato di primo produttore africano.

giovedì 4 settembre 2008

Inizia la crociera del rigassificatore di Rovigo

Il maxi-impianto costruito in Spagna ha lasciato il bacino di carenaggio per arrivare in Italia . Importante notizia per l'approvvigionamento energetico del nostro Paese pubblicata dal Sole 24 Ore.

Oggi il cassone gigante è al largo dell'Algeria,a nord di Orano, trainato da quattro rimorchiatori oceanici. Sul rigassificatore navigante c'è un comandante e il suo equipaggio, al lavoro per tenere sempre in equilibrio i pesi e i carichi secondo le condizioni del mare. Il colosso di Edison, ExxonMobil e Qatar Petroleum viaggia fra i 3 e i 5 nodi e arriverà al largo del delta del Po dopo il 20 settembre. Dopo essere stato posato sul fondale dell'Adriatico con 700mila tonnellate di zavorra, i serbatoi termici cominceranno a essere raffreddati e le condutture saranno allacciate con la terraferma, in modo da arrivare per tempo con l'appuntamento con la prima nave metaniera per portare in Italia 8 miliardi di metri cubi di gas liquefatto.È il primo rigassificatore italiano da tre decenni: l'Italia ne ha un altro, di dimensioni contenute, costruito negli anni 70 dall'Eni, oggi guidato da Paolo Scaroni, a Panigaglia (La Spezia) quando non si immaginava lo sviluppo futuro della tecnologia e della domanda di metano

Italcementi confermata nel Dow Jones Sustainability Index World

Notizia lanciata dall'Agi su Italcementi, confermata nell'indice borsistico che valuta le aziende che secondo parametri ambientali

Anche per il 2008-2009 Italcementi si conferma tra le societa' che fanno parte del DJSI World, il prestigioso indice borsistico mondiale che raccoglie le societa' benchmark nella gestione delle proprie attivita' valutate secondo criteri di sostenibilita' in base a parametri economici, ambientali e sociali. Italcementi, che quest'anno ha anche migliorato il proprio rating, e' tra i sette gruppi italiani nel gotha della corporate social responsability, l'unica societa' italiana operante nel settore dei materiali cementizi e tra le quattro societa' a livello mondiale che operano nello stesso settore di attivita'.
"Sono molto orgoglioso che per il secondo anno consecutivo Italcementi venga riconosciuta tra le societa' eccellenti del globo nella gestione del proprio business - ha detto Carlo Pesenti, Consigliere Delegato di Italcementi - la nostra presenza nel DJSI premia il forte impegno del Gruppo per la sostenibilita', da sempre parte integrante della nostra cultura e della nostra storia ed e' in linea con la nostra mission di contribuire a creare valore nell'industria dei materiali da costruzione attraverso l'impiego innovativo e sostenibile delle risorse naturali a beneficio delle nostre comunita' e dei nostri clienti. Credo fermamente che il successo del nostro business nel lungo periodo dipenda da questa capacita' di soddisfare le crescenti aspettative dei nostri stakeholders in termini di creazione di benessere, protezione degli ecosistemi e di garanzia di condizioni adeguate di vita in termini di protezione della salute umana e di creazione di opportunita' diffuse. Bilanciare le nostre prestazioni finanziarie, economiche, ambientali e sociali e' stata, e sara' sempre, una grande sfida per il nostro Gruppo".

mercoledì 3 settembre 2008

La febbre italiana per l’oro nero

Dalla Val Padana alla Basilicata, dalla Puglia alla Sicilia: è scattata la corsa alla scoperta di nuovi giacimenti, come racconta un recente articolo di Corriere economia.

L i chiamano wildcatters . Spuntano come funghi dopo la pioggia quando il prezzo del petrolio sale, e la ricerca di nuovi giacimenti diventa remunerativa anche per i piccoli esploratori, che non possono usufruire di economie di scala, ma hanno la flessibilità del mordi e fuggi. Di solito hanno fatto esperienza nelle grandi compagnie petrolifere e ora cercano la fortuna in proprio. Sono australiani, britannici, canadesi o texani, ma sempre coadiuvati da una quinta colonna locale. Le loro società si chiamano Northern Petroleum o Petroceltic, Mediterranean Gas o Po Valley, a seconda delle zone dell’Italia in cui operano. Nel 2006 nel nostro Paese sono stati perforati 49 pozzi: 34 per raggiungere giacimenti già scoperti e 15 per cercarne di nuovi. Nel 2007 altri 37, di cui 10 in località non ancora sfruttate. Basta scorrere l’elenco dei titolari di concessione nel bollettino ufficiale del ministero dello Sviluppo economico, per scoprire anche qualche wildcatte r locale. Tra le 52 ditte esploratrici, accanto all'Eni di Paolo Scaroni, all'Edison, alle municipalizzate e a multinazionali come Shell, Total, Esso e Bp, figura il geometra Paolo Bonucci, che scava su un terreno di 3 chilometri quadrati a Lizzano in provincia di Bologna, o il signor Maurizio Turchi che, oltre a gestire la sua lavanderia industriale, perfora un'area di 670 metri quadri a Trignano nel Modenese. Cercano, sia pure in piccolo, di imitare Glenn McCarthy, il leggendario texano che tra il 1930 e il 1940 costruì un impero sul petrolio per poi sperperarlo al gioco. Il mitico capostipite dei wildcatter fu interpretato da James Dean nel film «Giant».
Più somiglianti al capostipite della categoria sono i suoi conterranei di Panther Gas, che cercano da anni di sfruttare un giacimento di metano in una delle zone più trivellate d’Italia, fra Noto e Ragusa, dove l’Eni di Paolo Scaroni estrae petrolio. Jim Smitherman, rampollo di una dinastia di petrolieri texani, ha ottenuto nel marzo 2004 una concessione dalla Regione Sicilia per esplorare un’area di 700 chilometri quadrati, contigua ai campi dell’Eni fra Modica e Ragusa. Ma per ora ha estratto solo guai dal territorio siciliano, cui era stato introdotto da Guglielmo Moscato. Dopo una vita ai vertici dell’Eni e dell’Agip, il manager siciliano si è messo in proprio da un paio d’anni con GM&P, una società di studi d’ingegneria che fa consulenze ed è anche il terzo azionista di Panther con il 12%, dopo Smitherman (45%) e la compagnia petrolifera Maurel&Prom (30%). Ma la sua vasta esperienza non è stata sufficiente ad appianare le resistenze incontrate dalle attività di esplorazione in prossimità dei tesori del barocco siciliano, difesi da Andrea Camilleri con un appello che ha raccolto 70mila firme. Il caso del Val di Noto non è un’eccezione. C’è il blocco allo sfruttamento dei giacimenti di metano in Alto Adriatico, che il governo vorrebbe tentare di risolvere. E ci sono altre opposizioni sparse lungo la penisola, spesso dovute alla incapacità di comunicazione fra le aziende e gli enti locali. Pozzi se ne trovano nelle zone più impensate. Basta un po’ d’occhio e si scoprono facilmente: dal terreno esce un tubo d’acciaio alto un metro e mezzo con un paio di grosse valvole, di solito recintato in qualche modo per difenderlo dalle macchine agricole o dai vandalismi. Come nel caso del giacimento di Villafortuna, sotto il Parco del Ticino, raggiunto perforando orizzontalmente per sbucare lontano dalle zone protette. Ma non mancano nemmeno nel pieno degli insediamenti urbani: nel quartiere milanese di Lambrate ci sono quattro pozzi di metano trivellati dall’Agip, che arrivano fino a 1.700 metri di profondità. Due sono considerati ancora validi e attingono a un giacimento di gas che si estende sotto i piedi dei milanesi, fra il quartiere dell’Ortica, lo stabilimento dell’Innocenti e la tangenziale.
A Roma, a due passi dal Vaticano, ci sono due pozzi di petrolio che si spingono fino a 3mila metri. E al lato di Viale Cristoforo Colombo, non lontano dal raccordo anulare, è stato avviato un pozzo esplorativo dall’Italmin. I britannici di Ascent Resources hanno appena cominciato a trivellare alla ricerca di gas accanto all’aeroporto di Fiumicino. In complesso, il territorio italiano è bucherellato da quasi settemila pozzi alla ricerca di metano e di greggio. Al momento attuale ce n’è una sessantina in attività, per un’area complessiva di quasi ventimila chilometri quadrati. Sotto all’Italia ci sono riserve sicure e documentate ancora da estrarre di 640 milioni di barili di greggio e 220 di metano. Altre, tutte da scoprire, tra i 400 e gli 800 milioni di barili di petrolio e da 120 a 200 miliardi di metri cubi di gas, dicono i geologi. Non sono giacimenti da nababbi, ma sufficienti a farci risalire la classifica dei produttori.
Le riserve scoperte finora dormono nel sottosuolo di una specie di mezzaluna che percorre l’area padana, la costa adriatica per poi tagliare la Puglia e l’Appennino Lucano (dove è nascosto l’Eldorado italiano, la Val d’Agri e Tempa Rossa) fino alla Sicilia. Il grosso dei giacimenti sta in Basilicata, dove si estraggono quasi 80mila barili al giorno sugli oltre centomila della produzione italiana complessiva. Ma nel giro di quattro anni l’estrazione lucana è destinata a raddoppiare. In base agli accordi con la Regione, entro il 2012 dai campi di Pisticci e Viggiano si estrarranno 150.000 barili al giorno. Di questi, 20.000 barili proverranno dallo sviluppo delle attività di Agip nei campi già attivi in Val d’Agri e circa 50.000 dal secondo centro oil, quello di Tempa Rossa, operato da Total (50%), Esso e Shell (25% a testa). Ma stanno emergendo nuove zone interessanti: le più appetitose sono al largo della costa ionica della Calabria, la Sicilia occidentale, il braccio di mare tra la Sicilia e Malta. La maggior parte delle perforazioni esplorative si concentra in Emilia Romagna, Basilicata, Abruzzo, Lombardia e Piemonte. In mare, si cerca soprattutto in Adriatico, Ionio e nel Canale di Sicilia. L’anno scorso la produzione domestica di petrolio si è attestata a 42,6 milioni di barili. Il 74% viene dalla Basilicata.
A seguire, i campi offshore (con un peso del 13%), la Sicilia (9%) e il Piemonte (2%). Considerando un prezzo medio annuo di 51 euro a barile per il greggio italiano, il valore complessivo supera i 2,17 miliardi. Quanto al gas naturale, la produzione è stata di 9,6 miliardi di metri cubi per un totale di 2,33 miliardi di euro. Il bilancio 2008 sarà più ghiotto, visto il varo-greggio.

Consumo d'acqua, Italia da record

Le fonti naturali sono messe in crisi dai cambiamenti climatici e in futuro sarà ancora peggio, dice il Corriere della sera in un articolo pubblicato il 28 agosto.

O gni volta che beviamo un bicchiere di vino consumiamo 120 litri d'acqua. Se mangiamo un uovo, 135 litri. Per indossare una maglietta di cotone ne abbiamo utilizzati 2 mila. E se per pranzo ordiniamo un hamburger da 150 grammi, dobbiamo sapere che è «costato » 2.400 litri. Possibile? La risposta può essere intuitiva. Basta pensare a quanta acqua è servita per irrigare la vite, per far crescere la gallina, per coltivare il cotone e per sfamare e dissetare un manzo macellato all'età di 3 anni.
Acqua «virtuale». È la nuova prospettiva scientifica presentata dal Wwf durante la Settimana mondiale dell'acqua che si è conclusa qualche giorno fa a Stoccolma. Obiettivo: mettere in relazione l'utilizzo dell'acqua con i consumi delle persone.Gli esperti parlano di «acqua virtuale», quella nascosta nei cibi, nei vestiti e nei servizi. Ogni italiano usa in media 215 litri di acqua reale al giorno, per bere e per lavarsi, ma il consumo è 30 volte superiore se consideriamo anche l'acqua virtuale impiegata per produrre ciò che mangiamo e indossiamo. Fanno più di 6.500 litri a testa, ogni giorno. Il valore più alto al mondo dopo quello degli Stati Uniti. E solo il 30 per cento di quell'acqua proviene da risorse italiane. La gran parte (70 per cento) arriva dall'estero, incorporata nei prodotti che viaggiano sulle rotte del commercio internazionale. Il nostro Paese è il quinto importatore d'acqua del pianeta.
L'acqua «trasportata». Prendiamo la carne di manzo. Un bovino medio vive tre anni prima di essere macellato per ottenere circa 200 chili di carne. In quei tre anni però l'animale avrà consumato 1.300 chili di grano, mais e soia, più 7.200 chili di fibre, tra pascoli e fieno. Avrà bevuto 24 metri cubi di acqua. E altri 7 metri cubi saranno serviti per l'igiene e i servizi dell'allevamento. A conti fatti, in un chilo di carne di manzo sono «nascosti» 15.500 litri d'acqua.Facciamo infine l'ipotesi che l'animale venga allevato in Argentina e poi venduto nelle macellerie italiane. Tutta l'acqua che quelle bistecche portano con sé attraversando l'oceano è virtualmente importata. «Moltissimi prodotti che consumiamo ogni giorno — spiega Michele Candotti, direttore generale del Wwf Italia — provengono da aree del mondo in cui le risorse idriche sono già in crisi». Gli unici Stati che importano più acqua dell'Italia sono Brasile, Messico, Giappone e Cina. I vettori di trasporto più importanti sono i prodotti agricoli, in particolare riso, grano e mais.L'«oro blu» Gli scienziati hanno scelto il termine «impronta» di un Paese per definire il volume di acqua necessario per produrre beni e servizi consumati dagli abitanti. Dipende da quattro fattori fondamentali: quantità e tipo di consumi, clima, tecniche agricole. Per fare un solo esempio: una dieta vegetariana comporta un consumo virtuale di 2 mila litri d'acqua al giorno, se invece mangiamo carne si può arrivare a 5 mila litri al giorno.Secondo la ricerca Water footprints of nations (2007), ogni italiano consuma 2.332 metri cubi d'acqua all'anno (equivalenti a 2 milioni e 332 mila litri).
Sul nostro livello Spagna e Grecia. Davanti ci sono solo gli Stati Uniti (2.483 metri cubi).La media mondiale è 1.243, mentre nella maggior parte dei Paesi poveri i consumi scendono sotto i mille metri cubi. «Il petrolio viene trasportato direttamente con le navi — riflette Silvana Galassi, ordinario di Ecologia all'Università Statale di Milano —. L'acqua è incorporata nei cereali o in altri prodotti. Ma non c'è dubbio che stiamo sottraendo risorse ad altri territori ».Un caso paradossale è l'importazione di frutta dalla Spagna, un Paese che l'anno scorso è stato costretto a comprare acqua dalla Francia per la scarsità dei propri bacini. Produrre un'arancia nella penisola iberica «costa» 50 litri d'acqua. «Nei Paesi sviluppati non c'è più terra coltivabile — continua Silvana Galassi — quindi utilizziamo il suolo e l'acqua di altri luoghi. Ma il pianeta è un sistema unico, va considerato nel suo insieme. Abbiamo già superato il livello di sostenibilità».

martedì 2 settembre 2008

Quel petrolio nascosto dal sale in Brasile

Un'immensa ricchezza sepolta sotto una spessa coltre di sale, un Paese che si trasforma in "gigante energetico" e un presidente che promette di creare una seconda compagnia petrolifera che destina i suoi proventi ai programmi sociali. Potrebbe sembrare un'invenzione letteraria di Jorge Amado, invece è la cronaca politica ed economica che arriva dal Brasile in queste ultime settimane. E' quanto racconta il sole 24 Ore del 28 agosto in un articolo di Roberto Da Rin. ”Cronaca di fine estate e di inizio era per il gigante latino americano di Inácio Lula da Silva, il presidente-operaio che, oltre ai meriti, ha avuto tanta fortuna: la scoperta di enormi giacimenti petroliferi.
Una cifra record: il programma di investimento annunciato da José Sergio Gabrielli, presidente di Petrobras, la compagnia petrolifera brasiliana, è di 112,7 miliardi di dollari. Mai visto niente di simile nella storia economico-finanziaria dell'America Latina. Verranno effettuati tra il 2008 e il 2012, e potrebbero persino aumentare.«Abbiamo perforato 18 volte lungo la costa brasiliana che va dallo Stato di Santa Catarina a quello di Espirito Santo spiega Gabrielli - E tutte le perforazioni hanno dato esito positivo». Per il momento nessuno può quantificare il numero di barili di petrolio che si potranno estrarre sotto lo strato di sale. E Gabrielli afferma che «solo il giacimento di Tupi ha riserve accertate pari a 8 miliardi di barili: impossibile effettuare valutazioni precise sugli altri giacimenti, Jupiter, Carioca, Bem-TeVi, Jubarte, Caramba.
Di certo troveremo molto petrolio». Qualcuno ha parlato di altri 33 miliardi di barili.Gran parte del petrolio brasiliano scoperto in questi ultimi mesi giace sotto enormi depositi di sale: il greggio individuato al largo di Santos, per esempio, è a 6mila metri di profondità. Il giacimento Bem-Te-Vi, nome che rievoca un uccello brasiliano, ha una storia molto antica, meglio sarebbe dire geologica. «I giacimenti - racconta Mario Carminatti, nonni bergamaschi, responsabile del Dipartimento di esplorazione di Petrobras - derivano da un'anomalia originata nella separazione tra l'America del Sud e l'Africa, 152 milioni di anni fa».
Le maree e i movimenti del livello del mare hanno originato la deposizione di uno strato salino spesso più di 2mila metri. E il sale, appunto, avrebbe rappresentato un cuscino ideale per la conservazione dei giacimenti di petrolio che altrimenti si sarebbero diluiti nel mare”.

Amazzonia in fiamme. Greenpeace ha trasmesso in diretta via webcam dalla scena del delitto

Greenpeace, attraverso un sofisticato sistema di webcam, ha trasmesso nei giorni scorsi in diretta le immagini degli incendi nella Foresta Nazionale di Jamanxin nel sud dello Stato del Parà. Gli attivisti di Greenpeace hanno inteso mostrare all’opinione pubblica come ogni anno - durante la stagione secca che va da luglio a ottobre - ampi tratti di foresta amazzonica intatta vadano in fumo a causa degli incendi forestali, la forma più devastante e aggressiva di distruzione.
L’area più colpita da questo fenomeno è la Foresta Nazionale di Jamanxim, 1,3 milioni di ettari di area protetta, creata per decreto presidenziale nel febbraio del 2006. In quest’area le uniche attività consentite dalla legge sono l’uso responsabile delle risorse naturali attraverso attività di gestione forestale sostenibile. Eppure nel solo mese di agosto sono stati registrati a Jamanxin 111 incendi di varia entità.

lunedì 1 settembre 2008

Bonus volumetrici per l'isolamento termico: pubblicato il decreto

E' stato pubblicato il decreto (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 154 del 3 luglio con il titolo "Attuazione della direttiva 2006/32/CE relativa all'efficienza degli usi finali dell'energia e i servizi energetici e abrogazione della direttiva 93/76/CEE") che prevede premi volumetrici per murature e solai necessari al miglioramento dell'isolamento termico degli edifici, semplificazioni per l'installazione di pannelli solari e fotovoltaici e attribuzione all'Enea delle funzioni di "Agenzia nazionale per l'efficienza energetica". E' un'ottima cosa, anche perchè incentiva il risparmio energetico come suggerito da eni30cento sito fortemente voluto da Paolo Scaroni, ad di ENI.