Dal Sole 24 Ore
È una vittoria schiacciante quella di Rafael Correa, presidente dell'Ecuador. Nel referendum di domenica il fronte del "sì" alla riforma costituzionale da lui proposta ha superato il 66%, quello del "no" è fermo al 28. Entro breve saranno effettuati alcuni cambiamenti importanti nella politica economica del Paese: più Stato nell'economia, più royalties pagate all'Ecuador dalle compagnie petrolifere internazionali che però non verranno nazionalizzate, programmi sociali per i meno abbienti.Correa si è presentato in tv alla Cnn con una giacca blu e una camicia bianca con motivi etnici che richiamano la simbologia india. Un look pensato che vuole lanciare un doppio messaggio: di volontà di inserimento nel contesto internazionale e di fedeltà ai valori di un Paese con alta percentuale di etnia indio. Con il sorriso radioso e l'aria sicura di chi sa di avere tutti i numeri dalla sua, ha dichiarato che «l'Ecuador ha deciso di essere un nuovo Paese, le vecchie strutture oligarchiche sono state sconfitte».Un referendum sulla riforma costituzionale in un piccolo Paese latinomericano martoriato da una crisi economica endemica, potrebbe passare quasi inosservato. Invece il voto di domenica ha una notevole importanza nazionale e regionale, sia per i contenuti della Carta, sia per gli equilibri politici nella regione; si rafforza infatti l'asse antiamericano costituita da Venezuela, Bolivia ed Ecuador.Correa, 45 anni, ha chiamato alle urne, per la quarta volta in tre anni, 9,7 milioni di ecuadoregni che hanno detto "sì" al cambiamento. Ora cosa succederà concretamente? Il testo proposto consente la rielezione del presidente in carica, prevede una maggior presenza dello Stato nell'economia, più royalties petrolifere agli ecuadoregni, nuovi diritti di cittadinanza a una popolazione afflitta dalla povertà. Inoltre la nuova Carta inserisce il concetto di plurinazionalità a lingue e minoranze indigene (quechua e shuar), e vieta l'installazione di basi militari straniere. Promuove nuovi princìpi di inclusione sociale.L'opposizione al presidente Correa, tutta schierata con il "no", e concentrata principalmente nella regione di Guayaquil, ricca e affacciata sul Pacifico, teme un'eccessiva concentrazione di potere nelle mani del presidente,una riforma del potere legislativo e giudiziario.Correa ieri ha comunque escluso la nazionalizzazione della produzione di idrocarburi, anche se ha ammesso che «attualmente quello che le compagnie straniere pagano non è adeguato alle nostre attese ». E poi ha precisato: «Abbiamo l'intenzione di garantire la libertà di impresa nel campo dell'estrazione e commercializzazione dei nostri idrocarburi ». Ha indicato che per quanto riguarda il settore minerario, l'attuale livello dell'8% per le royalties «è assolutamente troppo basso». Sui nuovi contratti, ha sottolineato, «sarà applicato un livello di royalties del 70 per cento».
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