Nella graduatoria delle misure anti-Co2 il crollo al 44° posto è solo apparente, dice Il Giorno
RISPETTO alla classifica di due anni fa l’Italia perde ben dieci posizioni, e rispetto allo scorso anno mantiene il poco lusinghiero 41° posto sui 57 maggiori emettitori di Co2. La classifica di Germanwatch e Can Europe, presentata a Poznan e stilata per quanto riguarda l’Italia con il contributo di Legambiente, è un termometro sensibile per indicare la qualità degli interventi per la riduzione dei gas serra dei paesi che globalmente emettono il 90% della Co2. E l’Italia non ne esce bene. In testa alla classifica ci sono, nell’ordine, Svezia, Germania, Francia, India, Brasile, Regno Unito, Danimarca e Norvegia. MA A DIFFERENZA dello scorso anno nessun paese a giudizio di Germanwatch ha fatto abbastanza per piazzarsi ai primi tre posti, che sono stati lasciati in bianco. E’ solo per questo artificio che l’Italia apparentemente slitta in 44° posizione. In realtà nella classifica è e resta al 41°, ma ieri telegiornali e agenzie di stampa hanno dato la notizia della perdita di posizione, senza spiegare il dato. Resta il fatto che tener posizione non è certo un vanto se si considera che solo due anni fa era al 31°e che, rispetto al 1990 (dati agenzia internazionale per l’energia), ha aumentato le proprie emissioni del 12,6%. DAVANTI a noi ci sono paesi in via di sviluppo (e spesso pure produttori di petrolio) come il Messico (11°), il Marocco (17°), l’Algeria (23°) e persino l’Iran (36°). La Cina è 46° e gli ultimi tre posti sono occupati da Usa, Canada e Arabia Saudita, maglia nera. «E’ una performance disastrosa. A salvare l’Italia dagli ultimissimi posti della classifica – sottolinea Alberto Fiorillo portavoce di Legambiente – sono state le poche ma importanti misure adottate in questi anni, come il conto energia per la promozione del fotovoltaico o gli incentivi del 55% per l’efficienza energetica. Misure che paradossalmente sono finite nel mirino dell’attuale governo».
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