articolo tratto da La Stampa
Il barile va a picco, trascinato - con le borse - dalla paura della recessione. A New York il Wti ieri ha ceduto l’8 per cento sulla scia dell’indice Ism manifatturiero, calato al minimo in 26 anni, e poi è crollato ulteriormente quando il National Bureau of Economic Research ha reso noto che l’economia americana è entrata in recessione nel dicembre 2007: la chiusura ha segnato un calo del 9,4 per cento, a 49,28 dollari al barile, in ribasso di 5,15 dollari rispetto alla chiusura di venerdì. Non è andato meglio il brent, l’oro nero che si estrae dal mare del Nord: ha ceduto più del 10 per cento, fermandosi a 47,97 dollari al barile, in calo di 5,52 dollari.
Le quotazioni, negli Stati Uniti, sono state appesantite soprattutto della grande frenata del settore manifatturiero e delle spese per consumi, che hanno rapidamente fatto calare la domanda di energia, motivo per cui il barile ha bruciato quasi il 66% del proprio valore dai massimi di luglio, quando aveva toccato il tetto record di 147,27 dollari. Anche la politica dei paesi produttori, naturalmente, fa la sua parte. L’Opec sabato scorso al Cairo ha escluso ulteriori tagli della produzione prima della riunione ufficiale in programma per il 17 dicembre in Algeria, ad Orano, e questo ha influito sull’andamento del barile di ieri. Non è l’ultima parola del cartello, però. Dal vertice algerino gli analisti si aspettano una riduzione, che potrebbe anche essere massiccia, visto che, secondo il segretario generale dell’Opec Abdullah el-Badri, «un taglio tra gli uno e gli 1,5 milioni di barili non sarebbe decisivo nel fermare il calo dei prezzi».
Sull'ipotesi di un taglio consistente preme anche l’Iran, per il quale «il mercato globale è sovrafornito con due milioni di barili al giorno». Secondo il ministro del Petrolio Gholam Hossein Nozari, «bisogna trovare un equilibrio tra domanda e offerta». «Speriamo - ha aggiunto - che i prezzi non scendano più di 50 dollari al barile, ma se dovessero calare, ciò non ci sorprenderebbe perché la crisi finanziaria globale è molto più profonda di quanto si creda».
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