Guai a prolungare oltre il 2010 i tetti Antitrust imposti all'Eni per la produzione e vendita di gas in Italia. La misura, oggetto di dibattito nel Ddl-sviluppo, «ci allontanerebbe dal Paese rendendo meno conveniente investire» e comunque sarebbe «incompatibile» con il ruolo dell'Enidi garante della sicurezza energetica italiana. Lo ha affermato l'ad di Eni,
Paolo Scaroni, in occasione di un'audizione al Senato.«La crisi che spero ci siamo lasciati alle spalle - ha detto Scaroni in audizione riferendosi all'ennesimo contenzioso tra Russia e Ucraina che tanti problemi ha creato all'intera Europa – dovrebbe costituire l'occasione per avviare una riflessione seria e costruttiva per sfruttare le risorse di cui disponiamo in Italia e per ripensare al mix energetico e alla costruzione di nuove infrastrutture e formulare una politica regolatoria che incentivi le imprese a investire nel nostro paese piuttosto che a porre limiti di tutti i tipi che hanno il risultato finale di scoraggiare queste iniziative».Ad auspicare la proroga dei tetti Antitrust previsti per l'Eni (poco più del 60% delle quote massime di importazione di gas e non oltre il 50% delle vendite sul mercato italiano) erano stati i presidenti dell'Antitrust e dell'Authority per l'Energia, Antonio Catricalà e Alessandro Ortis. Ma forti spinte per la proroga sono venute anche dalle associazioni imprenditoriali che rappresentano i consumatori "energivori".Nell'audizione di ieri Scaroni si è soffermato anche sull'addizionale Ires introdotta dal trattato Italia-Libia per le società energetiche (si veda Il Sole 24 Ore del 15 gennaio). «Non credo che cambierà in modo drammatico il nostro carico fiscale », ha detto Scaroni aggiungendo che difficilmente la tassa avrà un impatto sui prezzi finali, visto che «se i prezzi aumentano perdiamo quote di mercato». Poche conseguenze, quindi, sui conti del cane a sei zampe. E nessuna sulle bollette dei cittadini, assicura il numero uno dell'Eni.A proposito dei libici, Scaroni ha affermato che il loro ingresso nel capitale dell'Eni non solleva alcun timore riguardo alla gestione della società, anche perché «acquistare azioni di per sé non vuol dire partecipare alla governance ». Scaroni si è infine detto «fiducioso» sulla possibilità che l'Eni si veda assegnato lo sfruttamento del giacimento petrolifero irakeno di Nassirya.