Tratto dal Sole 24 Ore
L'Eni guidata da Paolo Scaroni ha emesso ieri un prestito obbligazionario da 1,5 miliardi di euro e ha ricevuto, da 400 investitori istituzionali europei, ordini d'acquisto per 6,5 miliardi. Cinque volte tanto. Eravamo abituati alle file di correntisti agli sportelli bancari per paura di crack improvvisi, ma il nuovo anno sta proponendo file ben diverse: quelle degli investitori che vogliono acquistare corporate bond. Cioè obbligazioni aziendali. Perché l'Eni non è un caso isolato: in Europa – secondo i dati di Hsbc – in questi primi 22 giorni del 2009 sono stati emessi 25 corporate bond per 27 miliardi di euro, contro i 5 per 6,5 miliardi collocati nello stesso periodo del 2008. E tutti hanno attirato tanti acquirenti. Il primo spiraglio di luce.La storia dell'emissione dell'Eni è emblematica. L'operazione nasce indirettamente dal fatto che il Cane a sei zampe l'anno scorso ha effettuato tre acquisizioni: Distrigaz, First Calgary Petroleum e Burren Energy. Queste operazioni hanno ovviamente fatto lievitare il debito netto, dai 16,3 miliardi di fine 2007 ai circa 18 miliardi di fine 2008 (la cifra è indicativa). Nel 2009 Eni non ha particolari scadenze, dato che non ha bond da rimborsare e –riferisce il direttore finanziario Alessandro Bernini – «ha un normale rinnovo di linee di credito». Ma ugualmente – spiega Bernini – il gruppo ha deciso di emettere un prestito obbligazionario con scadenza nel 2016. Motivo: vuole allungare la durata media dell'intero indebitamento. Insomma: Eni ha lanciato il bond non perché ha bisogno di liquidità, ma banalmente – come accadeva in tempi normali – per allungare da 5 anni a 5 anni e 6 mesi la durata media del suo debito. Già questo, insomma, è una segnale di normalità.Ma altri due indicatori contrastano con la grave crisi globale: la domanda che ha accolto questo bond e il rendimento. Le quattro banche incaricate dall'Eni (Bbva, Hsbc, Sg Cib e UniCredit) avevano inizialmente annunciato un "premio" del 2% sopra il tasso swap. Ma, man mano che arrivavano gli ordini d'acquisto, hanno capito che l'Eni poteva spendere meno e raccogliere comunque 1,5 miliardi. Morale: alla fine il bond è stato emesso con una cedola del 5% e con un "premio" sullo swap di 185 punti base. Tantissimo rispetto al 2007 per una società con rating elevati, pari a "Aa2" e "AA-". Ma molto meno del previsto. E, nonostante lo "sconto", gli investitori istituzionali non si sono tirati indietro. Altro segnale di normalità.Ma non è solo l'Eni a comportarsi in modo "normale". Tutti gli operatori del mercato obbligazionario concordano infatti che, da inizio anno, gli investitori istituzionali stanno mostrando una rinnovata voglia di fare il loro lavoro: cioè di investire. Lo dimostra la forte domanda che accoglie ogni nuova emissione. Lo dimostra il fatto che i rendimenti stanno generalmente scendendo: le obbligazioni delle società con rating elevato – secondo l'indice iBoxx – hanno ridotto il "premio" sull'Euribor da 344 punti base di fine novembre a 311 di ieri e le aziende con rating bassi da 1.466 di dicembre a 1.213. Ancora sono spread elevatissimi, certo. Da crisi. Ma meno rispetto a un mese fa. E questo è un timido segnale di fiducia. Morale: le società (solo quelle con rating elevato, fino ad ora) stanno prendendo coraggio e stanno scendendo sul mercato. E gli investitori stanno tornando a comprare.
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