Dal Manifesto
Quella in corso sembra essere una vera e propria seconda ondata di salvataggi per il sistema bancario. Il moderato ottimismo che si respirava in dicembre e durante la prima settimana di gennaio, si basava sulla convinzione che la crisi finanziaria fosse sostanzialmente arginata, e che le cattive notizie sarebbero arrivate solo dall'economia reale. In realtà, le banche sembravano in salute soltanto grazie alle vagonate di denaro pubblico ricevute e, ciò nonostante, nei bilanci trimestrali non hanno potuto nascondere il loro stato pietoso. Non si capisce come avrebbe potuto andare diversamente, visto che negli ultimi mesi i tassi di insolvenza - su qualunque tipo di prestito, ma soprattutto nel settore immobiliare - hanno continuato ad aumentare. Anche stavolta è il Regno unito a mostrarsi il più attivo, dopo le misure prese lunedì scorso (sostanziale assicurazione di tutte le perdite in cui incorreranno le banche), per le quali Royal Bank of Scotland fungerà da vera e propria «cavia». La ratio che sta dietro alle iniezioni di denaro pubblico, tuttavia, stavolta non è più che tale società è «troppo grande per fallire» o la necessità di ridurre il «rischio sistemico», ma far sì che il complesso delle banche sia in grado di generare nuovo credito, senza il quale non sarebbe possibile far ripartire l'economia. I «bailouts» quindi, stanno assumendo la forma di do ut des col sistema bancario: lo Stato mette i soldi, ma vuole esser sicuro che questi siano prestati e non accantonati. A soggetti meritevoli e su base commerciale, ovviamente, così almeno si salvano le apparenze di un capitalismo «libero». Anche oltreoceano, il Tesoro degli Stati uniti ha inviato una lettera a 20 banche che hanno ricevuto i fondi Tarp, chiedendo un resoconto dettagliato sulla condotta degli istituti nel mercato creditizio, con particolare riguardo al credito al consumo. Anche in Belgio è pronta una seconda ondata di salvataggi.Intanto, il prezzo del petrolio continua a mostrare una altissima volatilità. Ieri, ultimo giorno di contrattazione per il contratto future di consegna a febbraio, il prezzo è oscillato da un minimo di 33 dollari al barile a oltre 39. La particolare situazione del mercato permette possibilità di «arbitraggio», ovvero di altissimi guadagni, a fronte di un rischio nullo. La «particolare situazione», chiamata in gergo «contango», consiste nel fatto che i contratti a consegna più lontana nel tempo - agosto, per dirne una - valgono oltre dieci dollari in più del prezzo odierno. Come sfruttare tutto ciò? Basta prendere esempio da Morgan Stanley, che ha recentemente noleggiato una superpetroliera da due milioni di barili, l'ha riempita e messa all'ancora nel golfo del Messico, in attesa del momento propizio per vendere. A Morgan basta quindi vendere a termine due milioni di barili con consegna ad agosto (50 dollari l'uno), lo stesso petrolio che ha probabilmente acquistato a 35, e sottrarre i costi di noleggio. Così facile e sicuro che sono in molti a fare lo stesso «giochetto». A quanto pare, nel Golfo c'è attualmente l'equivalente di un giorno mondiale di consumo, in attesa solo di esser venduto a rischio zero.
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"La mancanza di un investitore strategico - ha detto Fabrizio Viola -
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