Da l'Avvenire
Quello che sta vivendo la Repubblica democratica del Congo è «un vero dramma umano che avviene sotto i nostri occhi e non può lasciare indifferente nessuno». Con questo appello la Conferenza episcopale congolese (Cenco) invoca la fine delle violenze nel Paese africano, riprese soprattutto nella regione orientale del Nord Kivu. «Ancora migliaia di morti, popolazioni condannate ad errare in condizioni inumane, rapimenti di bambini arruolati a forza nei gruppi armati», scrivono i vescovi in una nota intitolata riportata dall’agenzia Fides. La Cenco «condanna con forza la maniera ignobile di considerare la guerra come un mezzo per risolvere i problemi o appagare ambizioni inconfessate» e non esita a denunciare «tutti i crimini commessi contro dei pacifici abitanti e condanna nella maniera più assoluta, il reclutamento dei bambini al fine di costringerli a forza a combattere». Inoltre condanna «la presa in ostaggio della popolazione civile e il suo utilizzo come scudi umani». Con grande lucidità, i vescovi sottolineano inoltre di temere che gli scontri che si susseguono nell’est e nel nord-est del Congo non siano che «un paravento per coprire il saccheggio delle risorse naturali», perché «si combatte là dove vi sono delle ricchezza che si sfruttano e si vorrebbe continuare a sfruttarle illegalmente». Quello che l’episcopato congolese teme, insomma, è che queste guerra «non siano che un modo, appena velato, di attuare il piano di balcanizzazione del Paese attraverso la creazione di “Stati nani”». L’integrità territoriale, l’intangibilità delle frontiere e l’unità nazionale della Repubblica Democratica del Congo, ribadisce ancora la nota riportata dalla Fides, sono per i rappresentanti della Chiesa locale elementi «non negoziabili» Un grande appello è rivolto poi alle autorità centrali, perché diano «la massima priorità alla questione dell’est del Paese», ma a esser chiamata in causa è anche la comunità internazionale «perché aumenti gli sforzi per riportare la pace in quelle tormentate regioni». Tutto il mondo – si sottolinea – ha da guadagnare con un Congo in pace piuttosto che con un Congo in guerra». Oltre alla guerra nel nord Kivu, scatenata dal generale ribelle Nkunda, continuano anche gli scontri nell’Ituri tra l’esercito congolese e i ribelli ugandesi dell’Esercito di resistenza del signore (Lra), che non esitano a infierire sulla popolazione civile. Scontri e incursioni oltreconfine – per il sequestro dei minori – ripresi con intensità dopo il “naufragio”, a giugno, dell’accordo di pace tra i ribelli e il governo di Kampala.
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