Forti ribassi del petrolio rappresentano una mi-naccia anche per i Paesi importatori, non solo per i produttori o per quegli speculatori che si sono fatti sorprendere dalla parte sbagliata del mercato. Le quotazioni sono dimezzate in poco più di tre mesi e hanno messo in dubbio anche il leitmotiv dell'Agenzia internazionale dell'energia, che rappresenta gli interessi dei Paesi industrializzati. Fino a lunedì 20 ottobre, il suo direttore esecutivo Nobuo Tanaka tuonava contro eventuali tagli produttivi dell'Opec: «Causerebbero rincari e quindi negative conseguenze sulla ripresa economica ». Due giorni dopo, una dichiarazione più generica, sulla «necessità di una maggior produzione». Venerdì il Cartello ha deciso di ridurre l'estrazione, senza però arrestare i ribassi, almeno fino al rimbalzo di ieri. Ma Tanaka ha cambiato obiettivo: «Siamo preoccupati dei prezzi troppo bassi, che frenano gli investimenti nel settore». Forse è il momento buono per mettersi d'accordo con l'Opec e studiare una fascia di prezzo (60-80 dollari al barile?) che consenta di investire senza strozzare l'economia.
(Dal Sole 24 Ore)