La seconda banca del Kuwait accusa forti perdite sui derivati e gli operatori di mercato protestano contro l'emiro Una manifestazione contro l'emiro del Kuwait. Ci voleva la peggiore crisi finanziaria dal 1929 per assistere a una scena del genere. Tutto nasce dalle difficoltà della Gulf Bank, la seconda banca del Paese invaso nel 1990 dall'Iraq di Saddam Hussein, che ha perso una somma imprecisata, ma certo consistente (si parla di 700 milioni di dollari), operando sui derivati a causa del repentino indebolimento dell'euro nei confronti del dollaro. La Banca Centrale del Kuwait ha reagito immediatamente, annunciando che garantirà tutti i depositi bancari, mossa già adottata dagli Emirati Arabi Uniti all'inizio del mese. La misura deve tuttavia essere prima approvata dal parlamento. Non ci sono dubbi che lo faccia, ma devono essere rispettati i tempi tecnici. Questione di pochi giorni, ma molti clienti di Gulf Bank, in preda al panico, non hanno avuto la forza di aspettare e così si sono messi in coda davanti agli sportelli per ritirare i loro depositi. E per il terzo giorno consecutivo circa 500 trader di borsa sono scesi in piazza per protesta. Stavolta alcuni di loro volevano dirigersi verso il palazzo del governo, dove l'emiro Sheik Sabah Al Ahmed Al Sabah stava consultando le autorità economiche per passare in rassegna le misure finora approntate. Dopo vari conciliaboli, i manifestanti hanno prudentemente scelto di limitarsi a inviare una delegazione per chiedere misure che blocchino la caduta del mercato azionario. «Il Kuwait aiuta gli altri Paesi, ma non noi che siamo in crisi», ha dichiarato Abdullah al-Ajmi, uno dei manifestanti. E qui sorge il vero problema. Pur con le dovute cautele, molte società occidentali aspettano che arrivino gli investitori arabi a toglierli le castagne dal fuoco. Ma se le economie dei Paesi del Golfo cominciano a traballare, addio ai cavalieri bianchi.
Come se non bastasse il prezzo del petrolio sta crollando e a New York ieri ha chiuso in calo dell'1,9%, a 62,95 dollari al barile, nonostante le voci di un prossimo nuovo taglio della produzione da parte dell'Opec. È vero che, secondo il Fmi, con il petrolio sopra i 47 dollari i bilanci dei Paesi del Golfo restano comunque in pareggio. Ma la Libia ha già preparato il suo budget per il 2009 ipotizzando un prezzo medio di 45 dollari. La borsa del Kuwait ieri ha limitato i danni, chiudendo in ribasso del 2,2%, ma dall'inizio del mese ha ceduto il 23%. E peggio ha fatto l'Arabia Saudita, con un calo del 3,5%, ai minimi da quattro anni. Per non parlare delle borse del Dubai (-5,8%) e dell'Oman (-7,5%). Il Golfo non è quindi immune dalla crisi. E per capire di quale umore siano i loro più ricchi abitanti bisognerà vedere come andrà l'asta di arte contemporanea che Christie's terrà giovedì prossimo a Dubai. (Da Mf)
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