Durante la tappa nigeriana della visita del ministro degli Esteri Franco Frattini in Africa, la settimana scorsa, la stampa si è occupata quasi soltanto delle minacce del Movimento per l'emancipazione del delta del Niger alle imprese italiane. Ma in quel Paese di contraddizioni, l'ottavo produttore di petrolio nel mondo, con circa il 70% dei propri 146 milioni di abitanti al di sotto della soglia di povertà, è accaduto anche qualcosa che riguarda Roma, città nella quale la comunità nigeriana è consistente ed è spesso associata alle prostitute intorno al raccordo anulare.«Noi vogliamo rifare il marchio della Nigeria, rebrand Nigeria », ha detto a Frattini ad Abuja il suo collega ministro degli Esteri Ojo Maduekwe. «Ogni nigeriano che in Italia agisce illegalmente crea un danno terribile alla nostra immagine e a quanti sono da voi legalmente, oggetto di sospetti», ha aggiunto Maduekwe, chiedendo però tolleranza per chi è senza documenti e non commette reati. Poi il ministro ha sollecitato investimenti in Nigeria esprimendo fastidio per coloro che legano l'immagine del suo Paese «a Oxfam, Caritas» e altre associazioni secondo le quali, parole sue, «Africa è stomaco». Se i proventi del greggio fossero distribuiti meglio, forse Maduekwe avrebbe ragione.