Un dividend yield del 7,98% grazie al cash flow del gas. L’oil, dopo la caduta dei prezzi, fa meno paura. Scaroni si prepara all’esame della City, spiega Borsa & Finanza
Titoli da cassetta? Non si direbbe. Sentiamo quel che dice Paolo Scaroni, ad dell’Eni. «Il nostro settore non è nuovo ai cicli. Ma la turbolenza dell’ultimo periodo - il raddoppio dei prezzi del greggio in nove mesi e poi, da luglio, una frana dei due terzi del valore in soli sei mesi - non ha precedenti». E, rivolto ai signori del greggio riuniti a Riyad nel fine settimana scorso, ha aggiunto: «È una gran brutta notizia per un settore come il nostro, dove cinque anni sono il breve termine». Già, la volatilità può giocare brutti scherzi. Basti citare i conti di Shell, scivolata in rosso nel quarto trimestre (-2,8 miliardi di dollari contro 8,47 miliardi di profitti 12 mesi prima). O di ConocoPhilips che, giovedì scorso, ha annunciato una perdita da brivido: 32 miliardi in soli tre mesi, a causa di svalutazioni e oneri eccezionali. Ma attenzione: i profitti dei tre trimestri precedenti sono stati tali da consentire un risultato record per l’intero 2008 (16,4 miliardi, ovvero 10,66 dollari per azione contro i 9,21 del 2007). I mercati però, si sa, non si guardano alle spalle. E, in prospettiva, si stanno accumulando le ragioni per guardare con attenzione almeno ad alcune società oil. Meglio se oil&gas. E vediamo perché.1) I prezzi, ovviamente. Certo, «è difficile fare previsioni sul prezzo», spiega Leonardo Maugeri, direttore delle strategie Eni. Uno che se ne intende, visto che non ha esitato un anno fa a schierarsi contro i profeti del peak oil, cioè del prossimo esaurimento dei giacimenti. «Nel 2009 - continua Maugeri - c’è troppo petrolio e ne sta arrivando ancora sul mercato». Il risultato? «Senz’altro prezzi inferiori ai picchi 2008, ma non si tornerà ai 18-20 per barile». Più esplicita l’Energy Information Agency americana che prevede una media di 43 dollari. Il consensus degli analisti, poi, non va oltre i 60. In tempi di crisi della domanda (dalla Cina, soprattutto) non dovrebbero verificarsi picchi all’insù. Il pressing dell’Opec dovrebbe evitare un crollo. Le previsioni? Un calo dell’Eps per il 2009 del 3 per cento.2) Il nuovo scenario favorisce le compagnie che, accanto all’attività petrolifera, possono contare sul Gas & Power. Come Total o Bp. O meglio ancora l’Eni, per l’appunto che, secondo le stime Rbs, da questa attività ha ricavato nel 2008 un free cash flow di 1,8-2,2 miliardi, sufficiente a garantire tra il 36% e il 42% dei dividendi 2008. Già, la cedola. «Il dividendo Eni è al sicuro - scrive Bernstein Research - visto che poco meno della metà deriva dalla divisione Gas & Power. E non dimentichiamo le esigenze del governo italiano che resta l’azionista di riferimento». Scaroni non avrà difficoltà a rispettare la politica del dividendo annunciata nel febbraio 2008: una cedola equivalente, in termini reali, a quanto distribuito per il 2007, cioè 1,3 euro (la previsione è di una crescita del 3% annuo fino al 2012).
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