Silvio Berlusconi ha detto il suo non possumus alla Commissione europea. L'Italia non permetterà che venga imposto all'Eni di cedere il gasdotto Tag come vorrebbe il commissario alla concorrenza Neelie Kroes. Ieri il ministro delle Politiche Comunitarie, Andrea Ronchi, ha spedito una nuova lettera indirizzata direttamente alla Kroes (dopo quella recapitata a Manuel Barroso) firmata da Silvio Berlusconi e dal ministro delle Attività produttive Claudio Scajola. Nella missiva Berlusconi ha ribadito che il gasdotto Tag controllato dall'Eni viene considerato dal governo italiano una questione di sicurezza nazionale. E in base a una sentenza della Corte di giustizia europea, un governo può legittimamente impedire la vendita di un'infrastruttura che considera strategica per la sua sicurezza. Proprio il caso del Tag, la cui dismissione indebolirebbe la posizione del paese nei confronti dei fornitori come la Russia. Se da un lato Berlusconi ha mostrato i muscoli, dall'altro avrebbe lasciato una porta aperta alla Kroes per risolvere in modo onorevole la questione dell'indagine aperta nei confronti del Cane a sei zampe (e di altri operatori) per abuso di posizione dominante. Come aveva proposto direttamente l'amministratore delegato di Eni,
Paolo Scaroni, al commissario europeo per la Concorrenza sarebbe stata prospettata una separazione funzionale del gasdotto Tag, con alcune misure considerate strutturali, come la separazione in due società una per la vendita dei diritti di trasporto e una per l'esercizio degli stessi L'Eni, insomma, manterrebbe la proprietà dell'asset strategico, ma con meccanismi di garanzia nella gestione che possano far superare al Cane a sei zampe gli addebiti mossi dalla Commissione durante l'indagine. L'Italia, ha spiegato ieri il ministro delle Politiche comunitarie Ronchi, «ha il diritto-dovere di difendere l'interesse superiore nazionale nell'approvvigionamento energetico», e quindi il governo «non consentirà a nessuno di mettere a repentaglio la propria sicurezza nazionale, che è anche sicurezza degli approvvigionamenti». Un ragionamento che, secondo il ministro, vale anche per i gasdotti dell'Eni che passano per l'Austria, entrati nel mirino della Commissione europea.
(da MF)