mercoledì 4 marzo 2009

I destini di Milano legati all'oro nero

La crisi ha cambiato anche i connotati di Piazza Affari: da un listino dominato dalle banche alla sorpresa di una Borsa dipendente dal petrolio. Può sembrare paradossale, ma se il greggio dovesse attestarsi a un gradino inferiore dell'attuale, al di sotto cioè dei 40 dollari al barile, per la Borsa di Milano sarebbero dolori. E non solo perchè significherebbe che nel frattempo la recessione si sarebbe avvitata. L'insidia alla tenuta del listino arriverebbe infatti dal lato più inatteso delle cedole dei gruppi legati all'oro nero. Il perchè è presto detto: da sole Eni ed Enel, entrambe chiaramente influenzate dall'andamento del petrolio, contano ormai per oltre un quarto della capitalizzazione della Borsa di Milano, ma, secondo le stime dell'ufficio studi di Intermonte, pagheranno quasi la metà dei dividendi distribuiti dalle 65 società a maggior capitalizzazione.Il problema non si pone per quest'anno,dato che ormai i giochi sono fatti. Eni conferma una cedola di 1,3 euro, che alle quotazioni attuali offre un rendimento del 9,2%. Enel dovrebbe pagare ancora un dividendo di 49 centesimi che, allo stato, si traduce in un dividend yield addirittura del 13,6%. Quel che importa al mercato è di poter contare su dividendi elevati, ma sostenibili, perchè la politica di distribuzione degli utili è indicativa delle prospettive societarie. Enel, che ha messo in cantiere un aumento di capitale dopo il completamento dell'operazione Endesa, per il futuro potrebbe forse mantenere lo stesso monte-dividendi spalmandolo su un numero superiore di azioni. Ma l'incognita per il gruppo elettrico è rappresentata dal prezzo del greggio, che impatta direttamente anche sulle prospettive del Cane a sei zampe. L'amministratore delegato dell'Eni, Paolo Scaroni, ha ripetuto più volte che una cedola di 1,3 euro è sostenibile con il petrolio a 40 dollari al barile. E il mercato, guardando ai future che ne collocano tra un anno il prezzo a 50-55 dollari, per il momento è tranquillo. Se però il greggio dovesse invertire nuovamente la rotta, e l'anno prossimo l'Eni dovesse decidere di abbassare la cedola, sarebbe da mettere in conto una aggiustamento delle quotazioni per tarare il rendimento dell'azione a quello dei bond, con riflessi automatici, dato il peso del gruppo, sull'indice generale.