Come ai tempi di Enrico Mattei, il quale sconvolse il cartello delle " sette sorelle" petrolifere alleandosi con i Paesi poveri di soldi ma ricchi di greggio, ieri a Islamabad l'amministratore delegato dell'Eni,
Paolo Scaroni, ha firmato con il Governo del Pakistan un accordo quadro che prevede una forma di "esclusiva" (meglio, di "preferenza") per la compagnia di San Donato Milanese.L'Eni accompagnerà nella crescita le due piccole compagnie petrolifere pachistane: in cambio – s'intende – la compagnia italiana avrà vita facile sui pochi ma interessanti giacimenti del Paese.Le compagnie Pakistan Petroleum Limited e Pakistan State Oil hanno archivi ricchissimi di dati sul sottosuolo del Paese, e sono preziose le mappe dettagliate sui luoghi propizi alla ricerca di giacimenti, ma sono società povere di tecnologie innovative per sfruttare con efficienza le riserve.«Noi pensiamo di investire nella ricerca dei giacimenti qualcosa tra i 50 e 70 milioni di dollari l'anno nei prossimi anni », spiega Scaroni subito dopo avere incontrato il presidente Asif Alì Zardari, il primo ministroYousaf Raza Gilani e i ministri del Petrolio e dell'Industria.Nel dettaglio, l'Eni ha firmato con il Governo del Pakistan un protocollo di cooperazione per lo sviluppo di nuovi progetti in tutti a la filiera del petrolio e del metano (dai giacimenti fino ai distributori di carburanti).L'intesa – avverte l'Eni – «mette al servizio delle compagnie nazionali pachistane del petrolio, in forma esclusiva, le capacità, il know how e le innovative tecnologie sviluppate dall'Eni in campo petrolifero, specialmente sul terreno dell'efficienza dello sfruttamento dei giacimenti di idrocarburi».L'accordo consente inoltre alla compagnia italiana «di diventare partner strategico nello sviluppo del settore petrolifero pachistano, accedendo a campi oggi controllati dalle compagnie di Stato».Entro l'autunno prossimo un gruppo di lavoro congiunto tra italiani e pachistani individuerà le zone più interessanti da perforare.Dove trivellare? C'è il cosiddetto offshore, cioè i giacimenti sotto i fondali dell'Oceano Indiano: «L'offshore è un'attività molto promettente in Pakistan –aggiunge l'amministratore delegato – e nessuno l'ha mai fatto prima.L'anno prossimo faremo il primo pozzo».E poi c'è un'area vasta,appetitosa per il petrolio ma assai turbolenta dal punto di vista sociale, quel Belucistan nel quale il Governo di Islamabad fatica a rafforzare la sua autorità sul sistema feudale. Gli incontri di Scaroni hanno avuto anche il compito di delineare una presenza sicura in quella regione.L'obiettivo di Scaroni è raddoppiare l'estrazione nei prossimi 5 o 6 anni. «Il Pakistan non è certo il Bengodi del petrolio, oggi il Paese estrae in tutto 300mila barili al giorno di cui solamente 70mila di petrolio e il resto di gas», osserva l'amministratore delegato. Con i suoi 50mila barili al giorno (in buona parte sotto forma di metano), un sesto dell'intera produzione nazionale, oggi l'Eni è già la compagnia estera più forte nel Paese, in competizione diretta con gli inglesi della Bp e della Shell.La società di San Donato Milanese è presente in Pakistan dal 2000, ma la sua presenza è più lontana nel tempo poiché con l'acquisizione della compagnia inglese Lasmo ne aveva ereditato anche la presenza nel Paese. L'Eni ha quattordici permessi di esplorazione ( tre in mare e undici su terra) e sette licenze di estrazione o di sviluppo, di cui tre in qualità di operatore.In chiave strategica, l'intesa «sancisce che non solo siamo il primo operatore petrolifero del Paese ma siamo anche l'operatore preferito – aggiunge Scaroni – quello privilegiato che ha rapporti in esclusiva con le due società nazionali del Paese. Nuove idee ci verranno dall'aver a disposizione le dataroom delle due società nazionali per eventuali iniziative congiunte ». Cinquant'anni fa Enrico Mattei si attirò le ire dei colossi del petrolio coinvolgendo nella crescita comune i Paesi con le riserve: un'esperienza che funziona ancora.
(da Il sole 24 Ore)