Il recente declassamento da parte di Fitch del debito pubblico russo (da BBB+ a BBB), che segue l'analoga operazione di S&P di dicembre, è stato motivato dalle agenzie di rating con due motivazioni principali. Innanzitutto si è verificata una consistente fuga di capitali, peggiorata negli ultimi mesi, ma che nel 2008 ha registrato una differenza tra esportazione e importazione di capitali pari a quasi 130 miliardi di dollari. In secondo luogo, nell'arco di sei mesi, le riserve valutarie e aurifere sono diminuite di 210 miliardi di dollari, attestandosi a fine gennaio a 386,5 miliardi. L'effetto della crisi internazionale si è fatta pesantemente sentire anche in Russia ed è significativo che contestualmente Fitch abbia declassato anche i rating di 14 banche del paese, in primo luogo il colosso statale Vtb (Vneshtorgbank) considerata la seconda banca russa, su cui il governo a inizio febbraio ha deciso di intervenire con 40 miliardi di ricapitalizzazione, dopo avere concesso un aiuto di 5,55 miliardi di dollari.L'economia del paese non poteva non risentire del calo delle quotazioni delle materie prime, in particolare del petrolio e del gas, la cui esportazione è da sempre stata determinante per la dinamica del pil. Nel 2008 la crescita ha registrato un incremento del 6% e secondo molti analisti potrebbe registrare un valore positivo anche nel 2009, mentre per altri sono di parere contrario. La chiusura del mercato dei capitali alle società e alle banche ha provocato seri problemi, in particolare per il rifinanziamento dei prestiti.Molto pesante è stato l'andamento valutario: la Banca centrale russa ha pilotato negli ultimi mesi la svalutazione del rublo, allargando la banda di oscillazione ed operando sulle vendite di dollari ed euro, per frenarne gradualmente la caduta, anche per evitare quanto accaduto in occasione del default del 1998. In quell'occasione, la divisa perse in un mese oltre il 70% del valore, con pesanti conseguenze sui risparmi dei cittadini. Nella crisi globale di oggi il rublo si è in realtà adeguato a quanto avvenuto per le altre divise di paesi legati all'esportazione di materie prime, come il dollaro australiano ed il rand sudafricano, ma per la Russia la difesa del cambio è costata una consistente erosione delle riserve valutarie, che rimangono al terzo posto nel mondo dopo quelle di Cina e Giappone. Il governo è conscio della realtà di una crisi, che porterà quest'anno un deficit di bilancio superiore al 6%, con un aumento dell'inflazione (a gennaio al 13,4%) e della disoccupazione: i senza lavoro sono aumentati in dicembre di mezzo milione, per un totale di oltre 6 milioni, con ripercussioni che possono arrivare anche a intaccare la leadership di Putin. Le misure anticrisi finora sono costate oltre 60 miliardi di dollari, a cui vanno aggiunti 50 miliardi di dollari destinati a riscattare il debiti delle grandi imprese verso le banche estere (il cosiddetto pacchetto di salvataggio degli oligarchi). È evidente come un contesto macroeconomico di questo tipo posa creare distorsioni sul mercato obbligazionario che fino a metà dello scorso anno aveva registrato un considerevole numero di emissioni da parte di aziende, con i maggiori importi collocati da corporate governative quali Gazprom e da istituti di credito. Un comparto che si era notevolmente sviluppato era stato quello dei prenditori sopranazionali e delle agenzie governative con emissioni in valuta domestica effettuate da IBRD, IADB, Kfw, Eib, EBRD, tutte organizzazioni con rating «tripla A» che avevano scommesso sulla forza del rublo e sulla continua crescita del pil, trainato dall'esportazione di greggio. L'andamento del cambio ha praticamente rarefatto queste attività di raccolta, provocando pesanti difficoltà alle aziende, alle prese la ristrutturazione del debito. Gazprom ha recentemente annunciato il ritorno alla raccolta, dal momento che occorre rifinanziare 10 miliardi di dollari in scadenza nel 2009. Con riguardo alle emissioni sovrane, le riserve in valuta hanno finora allontanato la emissione di eurobond. Sul mercato finanziario i titoli domestici hanno attualmente rendimenti trimestrali pari al 13% e decennali al 11,20%.
(Milano Finanza)