Prezzi in accelerazione sui mercati petroliferi, che ieri hanno trovato numerosi e in parte inaspettati spunti rialzisti. Ad alcuni dati incoraggianti sulle possibilità di ripresa dell'economia cinese, che hanno favorito anche un generalizzato rimbalzo dei mercati azionari, si sono aggiunte la notizia di un incidente a un importante oleodotto russo e un calo a sorpresa delle scorte statunitensi di greggio. Il risultato è stato un balzo in avanti del 9% per il prezzo del Wti, che ha chiuso a 45,38 dollari al barile dopo aver toccato nel corso della seduta un picco di 45,76 $.Le quotazioni, già in ripresa martedì, sono state sostenute fin dall'inizio della giornata dagli spiragli di ottimismo in arrivo dalla Cina, dove l'indice dei responsabili acquisti è migliorato in febbraio per il terzo mese consecutivo e il Governo comincia a ventilare la possibilità di un ulteriore piano di stimolo per l'economia.Ad alimentare gli acquisti ha contribuito anche l'annuncio della temporanea riduzione di un quinto delle esportazioni di greggio dalla Russia (circa 840mila barili al giorno), a causa della rottura di una pipeline che rifornisce il porto di Novorossiisk, sul Mar Nero. Lo spegnimento dell'incendio e la successiva riparazione della conduttura richiederanno almeno 3- 4giorni.L'incidentesegue di poche ore l'ennesimo sabotaggio a un oleodotto in Nigeria, che ha costretto a ridurre la produzione locale di altri 70mila barili/giorno.In un mercato ormai da tem-po concentrato soprattutto sulla salute della domanda petrolifera – barometro della gravità della crisi mondiale – hanno tuttavia pesato molto di più le statistiche settimanali dell'Energy Information Agency statunitense.I dati diffusi ieri lasciano ben sperare. Non solo perché registrano un'inattesa riduzione degli stock di greggio (-0,7 mb, di cui 0,5 a Cushing, Oklahoma, punto di consegna del Wti), ma anche e soprattutto per i motivi che sembrano averla originata. Negli Usa la domanda di benzina nelle ultime quattro settimane è risalita a una media di 9,03 mbg (+2,2% rispetto a un anno prima), stimolando le raffinerie ad accelerare la produzione di carburanti. Il tasso di utilizzo degli impianti è salito dall'81,4 all' 83,1% della capacità. E gli stock di benzine e distillati sono saliti rispettivamente di 0,2 e 1,7 mb.Sorprendente anche l'aumento delle importazioni di greggio degli Usa: +259mila bg nella settimana, nonostante la sempre più rigida applicazione dei tagli di produzione da parte dell'Opec, che secondo un sondaggio Reuters ha raggiunto in febbraio l'81% (3,42 mbg rispetto a un obiettivo di 4,2).In vista del meeting del 15 marzo,intanto,l'Organizzazione non sembra più essere così determinata a deliberare ulteriori riduzioni dell'output, che in questo periodo rischierebbero di avere scarsa influenza sui prezzi. Secondo fonti dell'agenzia Reuters, dopo l'Iran, alla schiera degli scettici si è aggiunta ieri anche l'Angola, che detiene la presidenza di turno dell'Opec.
(dal Sole 24 Ore)