Sainsbury’s ha appena dichiarato la sua crescita più forte in un decennio. Ciò non si direbbe proprio realizzabile da un supermercato esclusivo durante una grave recessione. Justin King, il direttore della terza catena di supermercati del Regno Unito, ha fatto un buon lavoro in parte correggendo gli errori del passato. Se continua a rimediare al più grande errore del precedente management - che si è sbagliato su come fissare i prezzi - Sainsbury’s potrebbe perfino fare meglio durante una fase di ripresa. I segnali sono buoni. Le vendite basilari, escludendo il carburante e togliendo il taglio di dicembre dell’Iva, sono aumentate del 7% nelle 11 settimane fino al 21 marzo. L’aumento dei prezzi degli alimentari ha contribuito ma anche il numero delle transazioni è aumentato del 3%. I negozianti hanno rinnovato le scorte di prodotti a buon mercato e di prodotti di marchio proprio, fortemente promossi. Nel settore retail, in genere l’aumento dei volumi determina minori margini di profitto. Ma i prodotti di marchio proprio hanno elevati margini e quindi questa crescita delle vendite dovrebbe essere abbastanza favorevole all’utile netto.Tuttora, le patate dolci di Sainsbury’s si vendono all’interessante prezzo di 0,70 sterline al sacchetto, ma le sue azioni non sembrano un affare. Sono scambiate a 15 volte gli utili previsti per il 2009, un 25% superiore al multiplo del dettagliante medio europeo di alimentari. Gli investitori, che hanno reagito con scarso entusiasmo alla relazione sulle vendite, potrebbero entusiasmarsi se la tesi di King che Sainsbury’s sta traendo profitto dalla recessione in altri modi si dimostrasse vera. Egli sostiene che le promozioni stanno facendo ritornare i negozianti che avevano piantato in asso Sainsbury’s negli anni Novanta quando gli scaffali erano quasi vuoti e i prezzi troppo alti. I risultati preliminari del mese di maggio forniranno un quadro più chiaro. Ma Sainsbury’s potrebbe perfino andare talmente bene da mettere in difficoltà Tesco, il leader della grande distribuzione nel Regno Unito. \Il mercato azionario è aumentato del 50% negli ultimi due mesi. La banca centrale sta vendendo la divisa per impedirne l’apprezzamento. Questa è la Russia di oggi e non sembra vero. Ma la combinazione di un aumento dei prezzi delle materie prime e di sane politiche fiscali sembra abbia portato un disgelo anticipato dell’economia russa. Ci vorrà un po’ di tempo ma sembra che i sostenitori delle politiche del libero mercato e di una severa disciplina fiscale l’abbiano spuntata all’interno del Cremlino. Questo non era garantito lo scorso novembre, quando il governo presentò un budget 2009 basato su un prezzo del petrolio di 95 dollari al barile - quando il prezzo era inferiore ai 60 dollari. In quel momento, il governo stava cercando di contrastare la crisi dando denaro agli oligarchi in difficoltà finanziarie. Vladimir Putin, il primo ministro, ordinò al governo di stilare un budget più credibile, basato sul prezzo del petrolio del momento, 41 dollari al barile. Pertanto, il governo dovette ammettere che l’economia avrebbe subito una contrazione nel 2009, che anni di eccedenze si sarebbero trasformati in anni di disavanzi di bilancio del 7% circa del Pil e che l’inflazione avrebbe continuato ad aumentare. Il rinsavimento ha aiutato il gruppo dei membri riformisti del Gabinetto, guidati dal vice primo ministro, Igor Shuvalov, e dal ministro delle Finanze, Alexei Kudrin, che avevano cercato d’imporre una visione realistica. Hanno ottenuto un budget severo riguardo alla spesa e ai sussidi e tenteranno di sfruttare l’opportunità per imporre più riforme. Per la corrente riformista, il bonus del budget, derivante da un prezzo del petrolio di 50 dollari, non è necessariamente gradito. Shuvalov si è spinto fino al punto di desiderare ancora alcuni anni di bassi prezzi delle materie prime per costringere l’economia russa ad adottare “un nuovo modello”. Che il Paese stia addirittura pensando di liberarsi dal vizio del petrolio è un segnale incoraggiante: questa grave crisi potrebbe finire per aiutare la causa delle riforme.
(Da la Stampa)